La classifica di metà stagione: i 10 film più deludenti del 2019 fino ad oggi
Il più deludente: Glass, di M. Night Shyamalan
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Dopo aver analizzato i migliori titoli del 2019 usciti fino a giugno 2019, scopriamo adesso i titoli più deludenti dell'anno. Attenzione, non i film più brutti, ma quelli da cui ci si aspettava veramente tanto e che alla fine hanno deluso pesantemente.
Film come Glass, il primo della lista. Ed è durissimo inserirlo all'interno di questa classifica. Chissà, forse l'ultimo lavoro di M. Night Shyamalan farà la stessa fine di Unbreakable, film di cui è sequel.
Quello era un superhero movie senza supereroi, con un Bruce Willis all'apice della sua bravura. Ci ha messo 20 anni quel film a essere riconsiderato e guardato come un cult.
Come il precedente, Glass è affascinante e ipnotico. Ma sembra anche realizzato in fretta e pronto a sacrificare gran parte dei suoi elementi vincenti. Il film, che è anche il sequel dell'ottimo Split, dimostra la grande forza e pazienza di Shyamalan che per realizzarlo non solo ha convinto due diversi studio di Hollywood ad allearsi in un'occasione straordinaria, ma ha anche girato con un budget ridotto all'osso (20 milioni di dollari, ma quasi 250 di incasso mondiale).
Il film non convince mai pienamente. Non mantiene le sue promesse. Annoia e delude. E non riesce nemmeno a diventare guilty pleasure mentre i protagonisti - tre supereroi con qualche rotella fuori posto - decidono di affrontarsi all'ultimo sangue.
All'ottimo primo atto segue un rallentamento costante della parte centrale, rappresentato dall'entrata in scena del personaggio interpretato da Sarah Paulson (la peggiore del film). Ci si annoia mentre Shyamalan cerca di farci abboccare a potenziali grandi piani. Terzo atto ed epilogo vengono velocizzati fin troppo. Il colpo di scena finale non rispecchia le grandi sorprese a cui il regista ci ha abituati in passato.
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Bruce Willis viene quasi dimenticato per strada, Samuel L. Jackson non smette per un secondo di strafare e James McAvoy non riesce a salvare lo spettacolo da solo, nonostante le sue venti e più personalità.
Si vuol comunque bene a Shyamalan e ai suoi tentativi di realizzare blockbuster originali, intelligenti e girati a bassissimo budget. E' difficile accettare il fatto che questo film sia comunque una delle grosse delusioni del 2019.
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Non un film evento: Alita - Angelo della battaglia, di Robert Rodriguez
Un'occasione sprecata: Captain Marvel, di Anna Boden e Ryan Fleck
Il peggior film di Lars Von Trier: La casa di Jack
Ci sono i film bellissimi di Lars Von Trier. Ci sono quelli che dividono il pubblico. E poi ci sono quelli che urtano chi sta a guardare. Film come La casa di Jack, probabilmente il lavoro peggiore all'interno della filmografia del regista. Pochissime idee (praticamente zero) e cento per cento voglia di provocare e giocare con la pazienza di chi guarda.
Matt Dillon si diverte in questo ruolo e dà il massimo: lui è l'unico a uscire a testa alta da un film poco sopportabile, frutto del lavoro di un regista in piena crisi creativa. Il viaggio nella coscienza del serial killer ci mette due ore e mezza decollare, arrivando letteralmente all'inferno.
Non basta però un epilogo visivamente perfetto a reggere il peso di un film fragile, urtante e ripetitivo.
Superare la noia per divertirsi: Godzilla II: King of the Monsters, di Michael Dougherty
Mostri che se le danno di santa ragione, città che si sbriciolano e civili che rimangono schiacciati. Le pallottole usate dall'esercito non servono a nulla. E fin qui c'è tutto quello che si cerca quando si va a vedere un film di Godzilla.
Il problema è che nel momento in cui sottraiamo questi trenta minuti di scontri tra mostri, ne restano altri 100 che si svolgono in ambienti del potere e panic room decisionali dove militari ottusi e scienziati che non sono in grado di farsi ascoltare ponderano le loro prossime mosse per salvare il mondo. Per una volta sono le creature digitali ad avere più personalità dei protagonisti in carne e ossa, tutti monodimensionali.
I duelli tra i mostri si fanno attendere. E il divertimento arriva solo se si riesce a stare svegli nelle sequenze affidate agli umani.
La delusione di Cannes: I morti non muoiono, di Jim Jarmusch
Jim Jarmusch punta su un cast guidato da Adam Driver, Bill Murray e Tilda Swinton, ma questo nuovo film somiglia più a una pausa ufficiale dalla sua filmografia. Un lavoro piccolo e di passaggio. Come se Jarmusch fosse in stand-by alla ricerca di altri progetti: in crisi creativa, ha dunque provato a divertirsi.
I morti non muoiono, film che ha aperto l'ultimo Festival di Cannes, è niente più che una barzelletta che cerca di riflettere sui problemi attuali. Interessante nella sua premessa in cui prova a collegare l'apocalisse zombie al riscaldamento globale. Ma nonostante alcune sequenze efficaci (tutte quelle con la Swinton e il finale al sangue con Murray e Driver contro gli zombie), da Jarmusch è lecito aspettarsi molto di più. Si aveva comunque la sensazione che il regista del bellissimo Paterson non avrebbe potuto aggiungere nulla a un filone ultra-sfruttato come quello degli zombie movie.
Calma piatta: Pet Sematary, di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer
Divertente ma non lascia il segno: Il ragazzo che diventerà re, di Joe Cornish
Tutt'altro che sexy e misterioso: Serenity – L'isola dell'inganno, di Steven Knight
Schiacciato da Endgame: X-Men: Dark Phoenix, di Simon Kinberg
Un altro titolo difficile da inserire in questa lista. Uno dei peccati di X-Men: Dark Phoenix è arrivare nei cinema troppo tardi, all'indomani di Avengers: Endgame, quando tutto è stato detto e mostrato all'interno dei film di supereroi.
A confronto con Endgame questo Dark Phoenix sembra un film no-budget. Di certo è un passo avanti rispetto al terribile Apocalisse. Dark Phoenix sembra uscito dalla fine degli anni Novanta o inizio duemila: l'era degli Spider-Man di Raimi. Il cinema dei supereroi è andato avanti e questo film non riesce a stare al passo.
Perfino i protagonisti sono più svogliati del solito. L'assenza del Wolverine di Hugh JAckman fa la differenza. E al confronto con la splendida Famke Janssen (che nel terzo della saga, il peggiore, salvava il salvabile), la Phoenix of Thrones di Sophie Turner va dritta nel dimenticatoio.
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