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Godzilla II - King of the Monsters, la recensione del nuovo capitolo del MonsterVerse

Dopo il film del 2014 di Gareth Edwards, il lucertolone radioattivo più famoso di sempre si schiera al fianco dell'umanità

Godzilla

29.05.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
Scontro tra titani. Dinosauri alti come palazzi si scannano senza pietà, il ring è il nostro mondo. Le metropoli implodono, il sistema collassa. È la natura che si riprende la Terra. Non è un caso che Godzilla 2 – King Of The Monsters inizi con il ricordo di una perdita. Il lutto è quello di un padre, di un re spodestato dal proprio trono, di un pianeta che ha bisogno di riacquisire il controllo. Sull’umanità, sull’invasore venuto da lontano: un’idra a tre teste chiamata Ghidorah, già incontrata in Sandai Kaiju – Chikiu Saidai no Kessen del 1964.

Non è la prima volta che Godzilla veste i panni del paladino “ambientalista”, era già successo nel 1972 in Godzilla, furia dei mostri. La paura del nucleare figlia di Hiroshima e Nagasaki ormai non c’è più. Il lucertolone radioattivo, simbolo del cinema nipponico, è stato adottato dagli americani, con esiti a volte catastrofici (vi ricordate la versione diretta da Roland Emmerich?). Oggi combatte al fianco dei disperati, rischia la vita per un popolo non grato, che spesso lo bombarda in preda al terrore, è un’icona pop. In passato è stato addirittura il testimonial della Nike. Cambiano le epoche, lo spirito con cui si affrontano i disastri.



Godzilla 2 – King Of The Monsters scatena un finimondo adrenalinico, ma forse più calcolato del solito. Agli spazi aperti si alternano le “camere del potere”, dove i nostri eroi studiano nuove strategie, fronteggiano i burocrati. Momenti alla Tom Clancy, per poi lanciarsi nell’apocalisse. Il cielo è rosso fuoco, c’è sempre aria di tempesta. Le atmosfere sono cupe, la notte incombe, sembra di essere in un girone dantesco. Prende forma un universo mostruoso, dove però la comunicazione è tutto.

L’unico modo per “infastidire” questi bestioni è amplificare il richiamo del loro sovrano, mescolandolo con tracce vocali molto terrene. Bisogna “trasmettere” per vincere. Gli schermi sono ovunque: si controllano le registrazioni, si riascoltano i nastri, si parla a distanza attraverso i computer. Godzilla e la tecnologia. Quella che risveglia creature millenarie, ma che deve inchinarsi davanti al loro potere distruttivo.

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È il MonsterVerse, il cataclisma definitivo, la fine delle certezze, il mito che si fonde con l’orribile, in un trionfo del deforme e dell’atroce. L’apripista è stato, nel 2014, Godzilla di Gareth Edwards. Poi Kong: Skull Island, e adesso tutto tende al 2020, a Godzilla vs. Kong. I due si erano già sfidati nel 1962 in Il trionfo di Kong, e adesso è tempo per un altro round.

Intanto Godzilla II: King of the Monsters scatena tutto il suo potenziale, non accetta di essere il capitolo intermedio di un nuovo franchise. Gioca bene con l’immaginario, è un piacere per gli occhi nel suo delirio allucinato. L’orgia di effetti speciali, i richiami all’epica, l’incredibile che diventa reale. Puro entertainment: esplosioni a catena, bombardamenti a tappeto, conflitti impossibili. E a un certo punto ci troviamo anche in uno stadio. Perché, in fondo, Godzilla e compagni non sono altro che gladiatori moderni, pronti a divertire le platee di ogni continente.

Il film sarà nelle sale dal 30 maggio distribuito da Warner Bros