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Thor: Ragnarok - La recensione del Marvel "più oscuro"

Più divertimento che tormenti nell'Apocalisse annunciata, ma gli scontri non mancano.

20.10.2017 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Forse se Kevin Feige non lo avesse annunciato come "il più oscuro" degli script Marvel sarebbe stato più onesto, ma si sa che non vale la pena fidarsi troppo dei produttori di Hollywood, soprattutto con un film in uscita. Thor: Ragnarok non è nemmeno il più 'dark' dei tre dedicati al Dio del Tuono, tutto sommato coerentemente ribattezzato Zio del Tuono per buona parte della vicenda. Consigliatissimo quindi a tutti quelli che avevano apprezzato l'aspetto più leggero dei precedenti due capitoli, con qualche riserva invece ai nostalgici del biondo eroe dei fumetti (anche se potrebbero commuoversi di fronte a una trasformazione 'old style' che sarebbe un peccato perdersi).



Che abbia pesato la storia del regista (l'attore e comico neozelandese Taika Waititi) o la troppa specializzazione del trio di sceneggiatori (cresciuti esclusivamente in produzioni Marvel, cine e tv), che sia uno strascico del 'virus Deadpool' o l'invidia dei Guardiani della Galassia Thor: Ragnarok può sicuramente concorrere al titolo di 'funniest' (inteso nel senso di buffo, più che divertente) Marvel Cinecomic. Con i pro e i contro che questo comporta.

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Ci si perdoni l'aver pensato all'A-Team nel vedere assemblati il Thor più battutista che si ricordi, l'Hulk bamboccione (e la sua controparte umana mai tanto fragile e sull'orlo di una crisi di nervi) e la loro compagna valkiria, personaggio che avrebbe meritato maggior caratterizzazione che lo spiegone dedicatole e che invece finisce per l'essere l'ennesima figurina di una carrellata piuttosto superficiale dalla quale si stacca solo il delirante Gran Maestro di Jeff Goldblum, volutamente e graziosamente colorato e folle versione adulta del Re di Candy Crush.



E ovviamente Cate Blanchett, che con la mortale Hela seduce e porta lo scompiglio necessario a far emergere la parte più mitica della storia. D'altronde Asgard ha un suo carisma, e riesce a trasmetterlo a tutto quanto la riguardi (nonostante il breve incipit medievale e lo sviluppo strumentale del tema 'Ragnarok' di fondo), creando dei veri e propri Tableau Vivant 'da leggenda'. Una boccata d'aria - insieme alla Immigrant Song dei Led Zeppelin che torna a più riprese a fare da colonna sonora quando è 'Tempo di distruzione' - per quanti cercassero altro.



Che resti un unicum - considerate anche alcune delle conseguenze a breve/medio termine di quel che vedrete accadere sullo schermo - nella timeline dell'eroe norreno o meno, il film resta comunque un Marvel a tutti gli effetti, con la immancabile dose di buone sequenze e citazionismo (dagli easter eggs del pianeta Sakaar al cameo nel teatrino 'amletico' iniziale): divertente, insomma. Con rammarico, come spesso accade. Soprattutto per certo sempre più incontrollato autocompiacimento, per le smaccate similitudini con altri esodi storici, per l'insistenza su dinamiche da buddy movie di altri tempi e per il poco rilievo dato al sottosuolo - quello sì 'oscuro' - della genealogia reale della città degli dei scandinavi.


Thor: Ragnarok, in sala dal 25 ottobre 2017, è distribuito da Walt Disney Studios Motion Pictures.


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