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A dieci anni da Big Love, la serie che ha sdoganato la poligamia

Per riscoprire l'illegale Bill Henrickson di Bill Paxton e le sue tre mogli, che ci permisero di ammirare una giovanissima Amanda Seyfried

11.03.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Per vox populi e superficialità saremmo portati a identificare il concetto di poligamia con una generica appartenenza all'Islam, ma la realtà è ben diversa: in molte Nazioni del mondo è infatti possibile sposare più partner. E se negli Usa la pratica resta illegale, come in Italia d'altronde, ci sono Stati nei quali la discussione è molto accesa. Nello Utah, per esempio, che dopo aver abolito alcune parti della legge anti-poligamia ha finito con il diventare un esempio per quanti invece ne siano attratti… Come il protagonista di Big Love, serie televisiva HBO (da noi trasmessa su Fox Life e Cult) che proprio 10 anni fa iniziava la sua messa in onda.

Era il 12 marzo 2006 quando il pubblico televisivo statunitense fece la conoscenza di Bill Henrickson. Imprenditore e membro produttivo della comunità poligama di Juniper Creek, nello Utah, Bill è il fulcro di una famiglia molto numerosa (sette figli non sono pochi…) e decisamente allargata, ma anche di una serie di questioni spinose, prestiti e debiti inclusi. Problemi che in molti conoscono ogni giorno e che hanno probabilmente aiutato gli spettatori a empatizzare con un soggetto al quale per motivi diversi avrebbero potuto sentirsi avversi. Problemi che spesso, con la seconda e terza stagione, ma in tutto il corso dei cinque anni di produzione, hanno finito per diventare piccole disperazioni, crisi più o meno gravi che, intrecciate con la quiete apparente delle vite che tutti viviamo, hanno finito per offrire i momenti migliori della serie e permetterle di crescere nel gradimento dei fan, almeno nelle prime tre stagioni.
 

A interpretare il protagonista, Bill Paxton - noto ai più per True Lies, Titanic e molti altri classici anni '90 - apparso di recente in Edge of Tomorrow e Lo sciacallo - Nightcrawler come nel televisivo Agents of S.H.I.E.L.D. nel 2014. Ma altri nomi noti appaiono nel cast riccorrente, a partire dalle sue tre mogli: Jeanne Tripplehorn (Barbara), Chloë Sevigny (Nicki) e Ginnifer Goodwin (Margene). Tre 'madri' lontane degli orrori di Dario Argento e che hanno reso il programma meritevole anche solo dal punto di vista attoriale. Personaggi diversi e ognuno con le proprie problematiche umane e spirituali che hanno saputo creare dinamiche virtuose. Anche grazie alla presenza di 'comprimari' e guest di livello. E di una giovane Amanda Seyfried (Ted 2, Lovelace) che proprio qui diede uno slancio importante alla sua carriera, ovviamente concordando con i suoi producer l'uscita dalla serie nella sua penultima annata per non continuare a "perdere molti grandi film nei quali avrebbe potuto lavorare ogni giorno".

Per molti, anche la sigla iniziale - almeno nei primi tre anni - è stato un motivo valido per continuare a sintonizzarsi sulle avventure della famiglia Henrickson, d'altronde la God Only Knows dei Beach Boys ha da sempre una magia tutta sua. Ma anche gli appassionati di location hanno avuto il loro da fare nel riuscire a identificare le ambientazioni della serie, ambientata nello Utah e in realtà girata principalmente in California tra Shady Lane nella contea di Fillmore e i Santa Clarita Studios di Valencia, salvo le rare riprese di Salt Lake City e Sandy.

Una esperienza quella di Big Love che resta una occasione per riflettere sul significato di concetti spesso ridotti a stereotipi o vissuti con abitudine, eppure pur sempre una fiction, con i suoi pro e contro. E soprattutto le sue caratteristiche e necessità, come quello di edulcorare certe spigolosità. Ma senza semplificarle o nasconderle. Uno show femminista - da sempre, come l'ideatore Will Scheffer ha tenuto a ribadire spesso - anche nel suo essere patriarcale, soprattutto per la solidarietà che si sviluppa tra le tre donne. E familiare, nonostante - come detto - in molti possano non riconoscerevi i dogmi tanto discussi ultimamente che rendono tale un nucleo tanto 'irregolare'. Uno show che, in questo senso, è andato facendosi sempre più politico e che in qualche maniera mancava al panorama televisivo. E che come ogni buona serie deveva finire, per non rovinare i propri presupposti e per poter essere ricordata. O magari servire da esempio, come accaduto per Sister Wives, reality sulla poligamia in sette puntate trasmesso nell'autunno del 2010 dalla americana TLC.