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Grido quindi sono: i 3 film di Gabriele Muccino dove si urla di più 

In attesa di L’estate addosso, ricordiamo il cinema più enfatico e isterico del regista romano

L'ultimo bacio

L'ultimo bacio

31.08.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Due fasi segnano la carriera del regista Gabriele Muccino. Una prima soprattutto di ambientazione italiana che va dagli esordi fino alla realizzazione di Ricordati di me, e una seconda che si distingue per un cambio di temi e prevalentemente realizzata all'estero, in America. 

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Oggi però Muccino torna in Italia, al Festival di Venezia 2016, per presentare il suo ultimo lavoro: L’estate addosso. E se esiste un marchio di fabbrica che unisce il periodo italiano da Ecco fatto a Ricordati di me esso sta senza dubbio nel più classico degli sfoghi emotivi: l’urlo. Sia che si parli di una coppia in crisi da tempo o ancora di una famiglia che si sta frantumando, nei film 'italiani' di Gabriele Muccino urlano tutti. Gridano maturandi al primo amore, uomini sposati scoperti dopo un tradimento e padri di famiglia annoiati. Prima però accumulano in silenzio. A volte nella difficoltà di gestire una gelosia, nella solitudine di un matrimonio fallito o ancora nel tormento dato dall’ansia di crescere.

Loro, i mucciners, con questi sbotti repentini sembrano anche raccontare di un’incapacità di comunicare troppo a lungo ignorata, prodotta e soffocata forse da un eccessivo tappo di perbenismo - del resto i suoi personaggi si muovono prevalentemente in un ambiente benestante - e che finisce poi per esplodere con forza inaspettata. Per questo motivo ci siamo permessi di fare una top three, anzi una isteria chart, dei film più ‘rumorosi’ del regista italiano aspettando di valutare il suo L’estate addosso

 
3. Ecco fatto (1998). L’esordio sul grande schermo avviene con la storia di due fidanzati, Matteo (Giorgio Pasotti) e Margherita (Barbora Bobulova) che si incontrano, si amano e poi vanno a vivere insieme. Solo che il tarlo della gelosia comincia a insidiare il personaggio di Matteo che in lunghi colloqui interiori vede montare la rabbia, il dubbio, la violenza scatenati dalla paura del tradimento. Si tratta anche del primo film in cui il grido sconnesso, il flusso di coscienza e il dialogo nevrotico esordiscono come i mezzi preferiti dal regista per risolvere un conflitto narrativo. Livello di decibel raggiunto: 5.
 
 
2. Ricordati di me (2003). Qui si cambia registro e dal dramma a due si passa a quello a quattro. Nel film si racconta la storia di una famiglia disfunzionale, i Ristuccia, che va pian piano in pezzi. E in questo processo di disgregazione, o non comunica nella maniera più assoluta, perché ognuno è chiuso nella propria camera, nello schermo del proprio cellulare, nel rumore vuoto di un successo televisivo effimero, oppure i protagonisti lasciano che si tocchi con inerzia il punto di rottura. In Ricordati di me a gridare è soprattutto l’attrice Laura Morante, mater familias Ristuccia, tradita dal marito, offesa dai figli e unico membro del nucleo a sentire la responsabilità di cercare di tenere insieme l’equilibrio collettivo. Per questo poi quando perde la speranza di ricucire i rapporti e di fronte all’ennesimo maltrattamento, il tono di frustrazione accumulata è davvero alto, anzi altissimo. Livello di decibel raggiunto: 7.

 
1. L’ultimo bacio (2001). Quasi tre minuti di durata e di grida per la scena nella quale Carlo (Stefano Accorsi) viene scoperto da Giulia (Giovanna Mezzogiorno) nella sua tresca con Francesca (Martina Stella). Prima ci si confronta sommessamente, quasi sottovoce, salvo poi esplodere nell’isteria di entrambi i protagonisti. Senza respiro, come lottatori che prendono una pausa dallo sforzo fisico prima di tirare il colpo successivo, il dialogo centrale del film è un grido interrotto ma ugualmente potente, altissimo, snervante. Livello di decibel raggiunto: 10.