Di cosa parliamo quando parliamo di futuro, o dell’atto creativo, quando lo slancio della giovinezza, o dell'incoscienza, si esaurisce e bisogna fare i conti con una nuova dimensione dell'anima, non per forza negativa.
Paolo Sorrentino torna con Youth - La giovinezza, un film altisonante, contemplativo e onirico, ma soprattutto dal respiro rarefatto come mai prima d’ora, a interrogarsi sulle possibili declinazioni che la giovinezza, e insieme con essa la creatività, concepita come stato mentale illibato, vergine e possibilista dell'esistenza, assume per una generazione di donne e uomini colti in diversi periodi della vita.
CANNES: IL NOSTRO INCONTRO CON SORRENTINO E MICHAEL CAINE.
D’altronde di prospettive, in Youth, ce ne sono tante. Quelle più drammaticamente decadenti, specialmente per una questione anagrafica, sono incarnate dal personaggio del direttore d’orchestra Fred Ballinger (Micheal Caine), apatico ottantenne, stanco della vita e forse anche della musica e da Mick Boyle (Harvey Keitel), mentre l’età di mezzo vive negli aforismi di Leda Ballinger (Rachel Weisz) e dell’attore silenzioso e senza nome interpretato da Paul Dano.
Attraverso tutti questi caratteri, insieme a molti altri, gli ospiti dell’albergo di lusso che aleggiano come presenze a volte pacificatorie, altre demoniache, altre volte semplicemente come virtuosismi perfettamente riusciti, il regista napoletano costruisce un film nel quale sentimenti come malinconia e contemplazione pervadono non solo i dialoghi e le storie personali dei personaggi, ma anche lo stile visivo e tutto ciò che nel film parla, respira e agisce con un’unica immensa fluidità alla quale ci ha abituato (bene) il regista partenopeo.
Probabilmente Youth, più che un’innovazione, rappresenta una consacrazione ferma della mano sorrentiniana, che, trovati i propri punti saldi dal punto di vista registico, sequenze perfettamente girate e magniloquenti, equilibrio dell’elemento carnale con quello squisitamente poetico e tematico, rimpianto e lucidità, amore e morte, creatività e apatia, si prende in questo film post-Oscar anche la possibilità di sperimentare con la fissità dell’ambientazione, e con un argomento, quello prettamente senile, al quale si giustifica tutto, persino un’estrema lentezza. In virtù di un coraggioso tentativo, più che riuscito, di fare l’arte per l’arte, slegandosi da qualunque obbligo narrativo e insieme didattico, come sentiamo ripetere nel film dal laconico Fred Ballinger, un personaggio che avrebbe potuto essere interpretato da Toni Servillo.
Youth - La giovinezza è distribuito da Medusa.
Film.it è come ogni anno in prima linea sulla Croisette, per portarvi news, interviste e recensioni dal Festival di Cannes. SEGUITE IL NOSTRO SPECIALE.
CANNES: IL NOSTRO INCONTRO CON SORRENTINO E MICHAEL CAINE.
D’altronde di prospettive, in Youth, ce ne sono tante. Quelle più drammaticamente decadenti, specialmente per una questione anagrafica, sono incarnate dal personaggio del direttore d’orchestra Fred Ballinger (Micheal Caine), apatico ottantenne, stanco della vita e forse anche della musica e da Mick Boyle (Harvey Keitel), mentre l’età di mezzo vive negli aforismi di Leda Ballinger (Rachel Weisz) e dell’attore silenzioso e senza nome interpretato da Paul Dano.
Attraverso tutti questi caratteri, insieme a molti altri, gli ospiti dell’albergo di lusso che aleggiano come presenze a volte pacificatorie, altre demoniache, altre volte semplicemente come virtuosismi perfettamente riusciti, il regista napoletano costruisce un film nel quale sentimenti come malinconia e contemplazione pervadono non solo i dialoghi e le storie personali dei personaggi, ma anche lo stile visivo e tutto ciò che nel film parla, respira e agisce con un’unica immensa fluidità alla quale ci ha abituato (bene) il regista partenopeo.
Probabilmente Youth, più che un’innovazione, rappresenta una consacrazione ferma della mano sorrentiniana, che, trovati i propri punti saldi dal punto di vista registico, sequenze perfettamente girate e magniloquenti, equilibrio dell’elemento carnale con quello squisitamente poetico e tematico, rimpianto e lucidità, amore e morte, creatività e apatia, si prende in questo film post-Oscar anche la possibilità di sperimentare con la fissità dell’ambientazione, e con un argomento, quello prettamente senile, al quale si giustifica tutto, persino un’estrema lentezza. In virtù di un coraggioso tentativo, più che riuscito, di fare l’arte per l’arte, slegandosi da qualunque obbligo narrativo e insieme didattico, come sentiamo ripetere nel film dal laconico Fred Ballinger, un personaggio che avrebbe potuto essere interpretato da Toni Servillo.
Youth - La giovinezza è distribuito da Medusa.
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