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Memorie d’artista a Firenze 

Giovani registe a confronto sul tema della reminiscenza tra poesia e allucinazione

Memoria Oculta

Memoria Oculta

04.12.2014 - Autore: Alessia Laudati
Il ricordo latita; l’arte invece può sovrapporre immagini e pensieri per allentare la certezza esistenziale dell’oblio. Al Festival dei Popoli di Firenze, è tempo di lasciare spazio a una profonda riflessione sulla capacità primordiale del cinema di annullare la distanza spazio-temporale che separa due semi-esordienti sudamericane dal proprio passato e dalla storia degli altri. 
 
É un movimento sensoriale e omnicomprensivo quello che in Bello, Bello, Bello eleva i dipinti del Museo di Belle Arti dell’Avana a narratori unici delle storie dei visitatori che li hanno apprezzati, accarezzati e in qualche modo eletti come interlocutori privilegiati anche solo immaginari.

Diversa, più cruda, appellante è invece la richiesta che Memoria Oculta indirizza alla settima arte. Nel lavoro di Eva Villasenor, tre interviste cercano di ricostruire attraverso le parole e lunghi piani sequenza claustrofobici, l’episodio psicotico che in passato ha fatto perdere la memoria alla regista. 
 
Sembrerebbero due universi distanti, ma il punto di congiunzione tra i due lavori è proprio la medesima concezione del documentario come mezzo capace di rispondere a un’esigenza di unità e di racconto del reale che sovrappone la prospettiva personale a quella collettiva.

In Bello, Bello, Bello, questo pensiero si concentra in uno sguardo umorale, poliespressivo; in Memoria Oculta la prospettiva è invece lucida e straniante. In entrambi i casi, l’obiettivo è un’ode al ruolo narrativo e documentaristico che il cinema ricopre all’interno della nuova creatività sudamericana. 
 
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