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LORO 1 - La recensione della prima parte del fantasioso biopic su Silvio Berlusconi

Paolo Sorrentino rivisita la Storia d'Italia secondo il suo stile, ma paradossalmente la maschera scelta non lascia spazio all'immaginazione.

24.04.2018 - Autore: Mattia Pasquini
La parola chiave è "reinterpretazione". Ci tiene molto Paolo Sorrentino a sottolineare che il suo LORO è assolutamente "un racconto di finzione, in costume" addirittura, e di prepararci a una vicenda in cui è "tutto documentato, tutto arbitrario". Un film su Silvio Berlusconi, evidentemente, doveva esserlo. E il regista lo dice esplicitamente, prima di accoglierci con una prima scena 'delle sue': surreale e in bilico tra orrore, cinismo ed empatia. È un attimo, ma come sempre nelle sue immagini c'è più di quel che sembra - sia per il quiz show che vediamo scorrere muto sul maxischermo alla parete, sia per il ricordo che suscita della campagna pasquale-vegana dell'anno scorso - e c'è Berlusconi.



L'attimo dopo siamo già altrove, alle spalle del Sergio Morra di Riccardo Scamarcio, sorta di 'Gianpi' Tarantini, nella sua scalata all'Everest di Arcore, passo dopo passo, escort dopo escort. Un percorso che è il nostro, nell'attesa che il tanto citato 'Lui' si palesi, e che ci rende spettatori di una lunga carrellata di ritratti, reinterpretati appunto: dal simil Signorini di Roberto Herlitzka, "l'uomo che sa tutto", al Ministro Poeta di un incredibile Fabrizio Bentivoglio (e non si può non pensare a Sandro Bondi), fino alla Smutniak-possibile Minetti (ma ci sarebbe l'imbarazzo della scelta, come noto) o alla Noemi Letizia esplicitamente citata (uno dei pochissimi nomi).

C'è un po' tutto quello che ci si aspetta. Inevitabile conoscendo l'estetica del regista e i suoi precedenti, che pesano moltissimo e che in fondo minano l'originalità di alcune trovate in assoluto anche divertenti, geniali, del film. Resta un retrogusto come di 'riscaldato'. Un senso di già visto, che comunque funziona, perché il personaggio ha una capacità di penetrazione unica, per quanto il Divo e l'Andreotti di Toni Servillo fossero di altra pasta. In compenso qui c'è più margine per spostarsi sul terreno del grottesco piuttosto che della critica sociale (come in La Grande Bellezza), che tutto sommato dovremmo aver già ricavato dalle cronache reali.

Un grottesco bifronte, protagonista delle sequenze principali del film, nelle due ville contrapposte, in cui 'Lui' e 'Loro' (ma potremmo dire 'noi', per opposizione) sembrano vivere il proprio dorato disagio. In un Paradiso fatto di 'gnocca' e potere, in cui anche la droga spinge 'all'abbraccio' e concede la breve speranza di star vivendo un momento perfetto, che non si vorrebbe passasse mai. Ma questo eternare il nulla comporta drammatici momenti di lucidità, in cui la solitudine emerge… Anche per 'l'uomo che non deve chiedere', per il quale la verità ha meno valore del riuscire a essere creduto e che - dopo la caduta del governo che guidava - si ritrova frustrato dal non riuscire a portare a termine "nessun progetto" e dal vivere con una moglie (molto convincente Elena Sofia Ricci) che lo disprezza, e che spera di riconquistare vestendosi da odalisca (!) o con clamorosi colpi di scena 'musicali'.



Il problema vero, semmai, è la tanto raccontata divisione dell'Opera dedicata al 'Cavaliere' nazionale (o "Nero", secondo alcuni) in due porzioni, delle quali LORO 1 è ovviamente solo la prima. Una scelta che lascia perplessi, anche e soprattutto dal punto di vista critico, vista l'impossibilità strutturale di giudicare quella che non è una prima parte, una 'premessa', ma un primo tempo. Che si conclude con un punto interrogativo, che speriamo si risolva con la visione di LORO 2, e una apparizione fiabesca, a metà tra la nostalgia e il traboccare del vaso…

LORO 1, in sala dal 24 aprile 2018, è distribuito da Universal Pictures. La seconda parte, LORO 2, arriverà nei cinema il 10 maggio.