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Light of My Life, il film di Casey Affleck esplora un futuro spaventoso non troppo lontano (recensione)

Un padre e una figlia costretti a nascondersi in una società in cui le donne sono scomparse

19.11.2019 - Autore: Pierpaolo Festa
L’America del futuro, un mondo in cui un potentissimo virus ha sterminato la maggior parte della popolazione. La parte femminile. È qui che è ambientato Light of My Life, dramma post-apocalittico in cui la società è crollata al punto da somigliare tanto alla scenografia di The Walking Dead. Niente zombie, solo umani ridotti allo stato brado. Creature mosse dalla fame, dal bisogno di sopravvivere e dallo stimolo sessuale. In un mondo in cui le donne sono praticamente scomparse, ognuno di loro è un potenziale predatore. Sono queste le premesse del film scritto, diretto e interpretato da Casey Affleck, già presentato all'ultimo Festival di Berlino e adesso pronto per le sale italiane. 

 
Dopo aver vinto l’Oscar come migliore attore protagonista (per lo splendido Manchester by the Sea) Affleck avrebbe potuto avere tutto da Hollywood, ma il suo nome è saltato fuori in una vicenda di abusi sul set. Una questione mai arrivata in tribunale e risolta con un accordo tra le parti. Un evento che però ha rischiato di bruciargli la carriera. A quel punto l'attore si è fatto da parte, limitandosi a piccoli ruoli di supporto e allo stesso tempo ha deciso di riprendere in mano un progetto sul quale lavorava da anni e che sognava di dirigere.
 
Questo suo Light of My Life mostra un momento in cui il sogno americano si è evoluto in incubo. Le immagini richiamano un futuro tutt’altro che lontano e danno vita ad alcune delle più grandi paure attuali: catastrofe ambientale, popolazione sterminata, cibo e bisogni primari in via di estinzione. Affleck usa questa premessa soltanto come cornice mettendo invece il rapporto padre-figlia al centro del film. Il protagonista che interpreta è costretto a travestire la figlia da ragazzo. L'intero film segue questi due sopravvissuti mentre vagano di rifugio in rifugio, nel tentativo di non essere scoperti. 
 
È impossibile non notare come il film somigli fin troppo a The Road, altra pellicola distopica tratta da Cormac McCarthy in cui Viggo Mortensen deve salvare il figlio da una catastrofe altrettanto simile. Dove quel film era nerissimo e amaro (al punto da rischiare di respingere lo spettatore), Light of My Life è invece "spielberghiano". Cerca infatti tracce di speranza in un mondo che non conosce più quella parola. In queste rovine di una società in cui ormai non ci si può più fidare di anima viva, il rapporto tra un padre è una figlia è l’ultimo baluardo di umanità e speranza (Anna Pniowsky, attrice praticamente sconosciuta che interpreta la ragazzina, tiene testa alla prova di Affleck).


 
L'attore e regista gira questa sua opera seconda (dopo l'affascinante e pasticciato Joaquin Phoenix: Io sono qui!) a budget bassissimo e si dimostra abile in economia cinematografica, strizzando l’occhio allo stile documentaristico del suo mentore Gus Van Sant, con cui ha girato Will Hunting e soprattutto Gerry.

Nonostante le tante potenzialità del film rimangano un po’ in superficie, la tensione regge senza alcun problema per tutte le due ore di durata. Questo è Light of My Life, un film tanto piccolo quanto memorabile e tesissimo. 

Light of My Life, in uscita il 21 novembre, è distribuito da Notorious Pictures.