Joaquin Phoenix: Io sono qui!

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Nell'autunno del 2008, Joaquin Phoenix annunciò il suo ritiro dal mondodel cinema e l'intenzione di avviare una nuova carriera come rapper.Gli eventi che ne seguirono lasciarono attonito il pubblico di tutto ilmondo. Questo documentario diretto dal cognato di Phoenix, Casey Affleck, è un ritratto di quello che è avvenuto in quel periodo. Atratti divertente, altre scioccante, ma sempre magnetico per losguardo, il film è il ritratto di un artista ad un bivio, un'opera cheva oltre le aspettative, esplora la nozione di coraggio e reinvenzioneartistica e le conseguenze di una vita passata sotto l'occhio deiriflettori.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
I'm Still Here: The Lost Year of Joaquin Phoenix
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DURATA
108 min.
USCITA CINEMA
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2010

Ma che cos'ha che non va la famiglia Phoenix? Guardando il documentario,
che il collega/amico/cognato Casey Affleck ha dedicato a Joaquin è
impossibile non chiedersi da dove arrivi quella carica di
autodistruzione che ha spazzato via River per un'overdose e che ha
trasformato suo fratello in uno psicotico paranoide in preda ai deliri
di onnipotenza. Ma andiamo per ordine: “I'm still here”, opera prima di Casey Affleck,
è arrivata al Lido per raccontare cosa è successo quando Joaquin
Pheonix, in piena ascesa professionale, ha deciso di piantare tutto in
asso e darsi al Rap senza saperne un accidente di musica e, fatto
gravissimo dalle parti di Hollywood, senza avvisare il suo ufficio
stampa…



Questo ritratto acidissimo arriva al Festival a complemento dell'elegante “Somewhere” di Sofia Coppola per raccontarci l'infelice vacuità della vita delle star che nel caso specifico di Joaquin Phoenix si
traduce in una crisi d'identità spaventosa che fa sragionare l'attore e
lo convince a sottrarsi al consenso del pubblico per poi cercarlo di
nuovo immediatamente e disperarsi se non arriva.



Lo spettacolo è tutt'altro che bello. Phoenix, in stato confusionale, si
lascia riprendere, senza porre limiti, nelle condizioni più indecenti e gore, e quello che si presume sia il suo amico lo guarda
distruggersi, anzi peggio lo registra e lo trasforma in una sua opera.
Phoenix è talmente presuntuoso e fuori di testa da permettersi di
prendere a calci un mestiere perché non fa capire al mondo chi sia
davvero lui, e così sciocco o lesionista da umiliarsi con crudeltà. Che
si tratti di una truffa è un'ipotesi che in alcuni momenti della visione
è davvero difficile respingere per l'arte con cui certe scene sono
state girate. Comunque la si voglia prendere, quello che scorre sullo
schermo è tragico e se anche fosse un esperimento beffardo, un
mockumentary freak, l'elemento tragico non cadrebbe, anzi…



La cosa che rende interessante “I'm still here” è d'altro canto la
molteplicità di temi che è capace di toccare sulla cresta dei diversi
stadi di follia di Phoenix. Ci sono soprattutto la crisi di un artista,
il cannibalismo dei media, e la manipolazione sia dell'artista sia del
medium che in questo caso è il cinema. Non si capisce bene se Affleck
abbia sotto stretto controllo la situazione o se ci arrivi per caso
rinunciando con nichilismo a ogni pietà. A sciogliere i dubbi
sull'onestà dell'operazione dovrà pensarci Phoenix in carne ed ossa, per
quanto riguarda le qualità di Casey Affleck meglio rimandare all'opera
seconda.