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L'età dell'innocenza venticinque anni dopo, il film di Scorsese è un capolavoro senza tempo

L'amore reietto, le passioni che si spengono, la società che impone le proprie regole. Grande cinema targato Martin Scorsese

27.09.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Joe Pesci sfonda la quarta parete, guarda il pubblico negli occhi, e spara. L’ultima immagine di Quei bravi ragazzi richiama The Great Robbery di Edwin S. Porter, e dimostra tutta la cinefilia di Martin Scorsese. Maestro, innovatore, pilastro della New Hollywood che ha sconfitto lo scorrere degli anni, e si dimostra ancora oggi un punto di riferimento. Il suo The Irishman è tra i film più attesi del 2019.

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Scorsese è un narratore che prende le sue storie “dalla strada”, dal sottobosco criminale di New York. Ma il suo nome non va associato solo ai gangster: è un regista dalle mille anime, con una spiritualità particolare, legata a una vocazione mancata. Kundun, L’ultima tentazione di Cristo e Silence, passando anche per Al di là della vita, rappresentano la sua ricerca di Dio, l’indagine della fede. Il suo cinema non è solo una discesa agli inferi in stile Taxi Driver, dove gli eccessi notturni si mescolano con la violenza.



Dietro la macchina da presa riesce a trasmettere la complessità dell’universo femminile (come in Alice non abita più qui), la passione per la magia del cinematografo, per la ricerca della propria identità (Hugo Cabret), le mille sfumature che si manifestano al calar del sole, per le avenue di una metropoli (Fuori orario). Lui ha stressato le regole di Hollywood, ha spinto il melodramma al limite con il bellissimo e incompreso New York, New York, e ci ha insegnato ad amare con L’età dell’innocenza, venticinque anni fa.

Nelle sale americane uscì a ottobre, ma al mondo fu presentato durante la Mostra di Venezia. E non fu più dimenticato. Tratto dall’omonimo romanzo di Edith Wharton, è la storia di un uomo che rifiuta le convenzioni. La società newyorchese di fine Ottocento è un’organizzazione tribale, ancora legata al passato e all’etichetta. Espelle chi non è gradito, ostracizza invece di includere.

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Tra gli splendidi dipinti di quelle case si nasconde una prigione, con sbarre dorate. Nessuno è libero. I matrimoni devono essere approvati dai più, il cinismo è l’unica legge a essere rispettata. Si sentono gli echi ancora di Quei bravi ragazzi, ma qui l’unica arma a essere estratta è l’indifferenza. Gli splendidi giochi di luce sono la cornice di una tragedia, di un’american dream senza futuro.

Il teatro è il centro della vita mondana, dove i borghesi si guardano da lontano, spettegolano e deformano la realtà con i loro piccoli binocoli. È dove tutto inizia, mentre sul palcoscenico va in scena il Faust di Gounod. Neanche il teatro, la finzione, riesce a trasmettere la felicità. Tra Faust e Margherita ci sarà sempre Mefistofele, tra Newland e la contessa Ellen Olenska c’è il “galateo”. Perbenismo, separazioni, falsi sorrisi: i merletti e le carrozze si fondono con i sogni infranti, con un’eleganza vittoriana che nasconde una borghesia spietata. Scorsese compare nei panni di un fotografo, di un artista che cerca di restituire lo spaccato di un’epoca. Un regista totale, onnipresente nei decenni, biografo di grandi uomini (come in The Aviator). Maestro della sua arte.