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Free State of Jones - La nostra recensione dal Torino Film Festival

Il disertore Matthew McConaughey è la guida della prima comunità interrazziale Usa in una emozionante e fin troppo ricca storia vera

23.11.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Lo avevamo amato per Pleasantville, ma non si può negare che Gary Ross sia un regista desideroso di mettersi alla prova e coraggioso abbastanza da variare molto nelle storie che sceglie di raccontare… Lo dimostra il fatto che dopo il romanzo sportivo Seabiscuit e lo Young Adult Hunger Games abbia voluto dedicarsi al film storico con il Free State of Jones presentato al Festival di Torino 2016, incentrato su quanto accaduto alla fine della Guerra di Secessione statunitense nel Mississippi.



La storia vera del disertore Newton Knight, interpretato da Matthew McConaughey, è l'occasione per riaprire una antica ferita e per tornare alle origini della questione razziale, ancora oggi tanto - troppo - di attualità negli States. "Uno scontro sul piano morale", lo definisce il regista, e su questo concentra la sua attenzione, il punto di vista sugli eventi descritti, sia quelli di fine '800, sia quelli dei brevi lampi nei quali seguiamo la vicenda legale del discendente dell'illuminato eroe-contadino, arrestato 85 anni dopo i fatti raccontati perché considerato Nero (pur se solo per un ottavo) e per aver quindi illegalmente sposato una moglie Bianca.

Questa l'immagine di Knight che emerge, forte anche della prova di un McConaughey fin troppo a suo agio nei panni del sudista (dati anche i suoi natali texani), e ormai troppo spesso. Un'immagine monolitica, diversa da quella tramandata alla storia da una sua bis-nipote nel 1951. Chiaramente quella che faceva comodo alla narrazione, che ha buon gioco nel mostrarcelo Robin Hood nella foresta di Sherwood nella fase di resistenza e guerriglia o novello Mosè in quella di guida del suo popolo a una terra promessa che, come sempre accade, si rivela poco incline a mantenere le stesse…



Al netto delle emozionanti scene della prima parte e del crescendo più legato alla lotta per l'indipendenza della strana comunità interrazziale (incredibile la sequenza del funerale), la vicenda sposta poi gradualmente la propria attenzione sulle ipocrisie di Nord e Sud nel momento della nascita della cosiddetta 'Land of the Free', gli Usa, a lungo alle prese - come racconta anche la sidestory detta - con una disuguaglianza legale inconcepibile e peggiori incongruenze affioranti ancora al giorno d'oggi (non a caso il film non ha avuto il successo sperato in Patria). Dalle prime elezioni 'libere' alla nascita del Ku Klux Klan il film però continua ad aggiungere carne al fuoco, senza darci e darsi il necessario spazio (e tempo) per gustarla o semplicemente curarla al punto giusto. Continuando a tenerci agganciati alla figura del suo protagonista, avvincente ma non altrettanto forte in empatia, o con l'indignazione, ma sempre in maniera discontinua, anche registicamente.

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Una storia esemplare, una novella pedagogica si sarebbe detto altrimenti, che ci offre uno sguardo diverso - su quel periodo e quel mondo - dai vari 12 anni schiavo o Django Unchained, tanto per citare i riferimenti più visti recentemente - ma che non conquista completamente, non resta con noi in maniera omogenea, lasciandoci spesso soli su cammini appena accennati. Per fortuna senza indulgere troppo in pietismo e ricatti morali tipici, e regalandoci una epica interessante, fino ai titoli di coda, nei quali le foto d'epoca danno forza alla rappresentazione della realtà (a parte un fondato sospetto di 'whitening' del Knight più moderno) e della carismatica figura di colui che ancora giace accanto a sua moglie nel Knight Family Cemetery, sulla collina di fronte a casa loro in Jones County, sotto l'epitaffio: "He lived for others".

Free State of Jones, in sala dal 1 dicembre 2016, è distribuito da 01 Distribution

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