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Love, Antosha: Anton Yelchin rivive in un toccante documentario presentato al Sundance

L'attore di Star Trek, scomparso a 27 anni nel 2016, viene raccontato da amici, colleghi e genitori nel film prodotto da Drake Doremus, regista di Like Crazy

Star Trek - Anton Yelchin

29.01.2019 - Autore: Marco Triolo
La più grande rivelazione del documentario Love, Antosha, incentrato sullo scomparso Anton Yelchin e presentato in questi giorni al Sundance Film Festival, è che l'attore era malato di fibrosi cistica. L'aspettativa di vita di chi ne è affetto si aggira intorno ai 37 anni. L'amara ironia della sorte? Yelchin non ha nemmeno potuto testare e sconfiggere questa magra aspettativa: è morto a 27 anni, travolto dal suo stesso SUV nel 2016.

Love, Antosha.
 
Love, Antosha è un documentario che si prefigge, dunque, di rendere omaggio a un attore che, sapendo qualcosa che pochi altri sapevano, ovvero di non avere moltissimo da vivere, scelse di vivere la sua vita al massimo. Nel corso di una carriera iniziata ad appena 11 anni (a 12 apparve in 15 minuti – Follia omicida a New York, Nella morsa del ragno e Cuori in Atlantide), Yelchin è apparso in 69 tra film e serie TV, una quantità di crediti che farebbe impallidire anche qualche attore dalla carriera quarantennale.
 
Quello che ci rivela il film, diretto dal montatore Garret Price, qui al suo debutto alla regia, è che Yelchin aveva molte passioni oltre quella della recitazione, coltivata sin dalla tenera età (e il film contiene anche i filmati amatoriali realizzati dall'attore da ragazzino). Yelchin suonava la chitarra in una band, amava la fotografia, scriveva di cinema e traduceva testi filosofici dal russo nel tempo libero, oltre a essere un aspirante scrittore (e alcuni dei suoi scritti vengono letti da Nicolas Cage nel corso del documentario).

Nato a San Pietroburgo quando ancora si chiamava Leningrado, Yelchin si trasferì in America con i genitori Irina e Viktor, pattinatori professionisti di successo, quando questi decisero di emigrare per consentire al figlio di avere una vita migliore. “Una delle ragioni per cui furono permissivi – si legge nella recensione di Stephen Farber su The Hollywood Reporter – fu che appresero molto presto che Anton soffriva di fibrosi cistica. Inizialmente gli tennero nascosta la diagnosi, e da bambino non mostrava sintomi, ma sentivano chiaramente di non volergli impedire di fare quello che desiderava”. Una vita spesa, dunque, a dare ad Anton ogni possibilità per raggiungere il sogno di recitare professionalmente.
 
Non a caso il titolo del film, Love, Antosha, deriva dalla firma con cui Yelchin siglava le lettere che scriveva quasi quotidianamente alla madre, per la quale nutriva un affetto profondo. Lo stesso affetto che i colleghi con cui ha lavorato provano ancora oggi per lui. Price intervista, tra gli altri, i colleghi di Star Trek, dal regista J.J. Abrams alle star Chris Pine, Zachary Quinto e Simon Pegg. Gli attori Ben Foster, Jennifer Lawrence e Kristen Stewart (che rivela come Yelchin sia stato il suo primo amore e le abbia spezzato il cuore). La regista Jodie Foster, che lo ha diretto insieme alla già citata Jennifer Lawrence in Mr. Beaver. Il regista Drake Doremus, che ha diretto l'attore in Like Crazy e produce il documentario. Nonché colleghi più anziani come Martin Landau, che definisce Yelchin “un'anima vecchia”, e Willem Dafoe, che racconta come i due abbiano legato per la comune preoccupazione per il proprio aspetto fisico.

Non manca ovviamente la testimonianza dei genitori, carica di emotività. Ma quello che traspare è come il film riesca a evitare la trappola dell'agiografia. “Per quanto non ci sia davvero alcuna affermazione negativa su Yelchin – scrive Christopher Campbell su Nonfics – siamo un gradino sopra il film standard su un artista scomparso”. “Il film non è un ritratto idealizzato – si legge su The Hollywood Reporter – Ammette la curiosità di Yelchin nel visitare e fotografare squallidi club a luci rosse, ma in qualche modo questi elementi sgradevoli danno corpo al ricco ritratto di un uomo di talento, curioso e complicato, con una vita piena di speranze”. Peccato che questa vita sia stata stroncata troppo presto. Ma almeno possiamo consolarci sapendo che, al cinema, Anton Yelchin vivrà in eterno.