Star Trek Into Darkness
.J. Abrams e la sua casa di produzione “Bad Robot” ricompongono il cast del precedente Star Trek (2009) e mantengono invariata anche la caratteristica principale del film: raccontare l' “USS Enterprise” non come il consolidato equipaggio della famosa serie TV ce lo ha sempre mostrato, ma come un gruppo di giovani cadetti riunito in missione nell'esplorazione del cosmo, eppure ancora fortemente disomogeneo.
VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Star Trek Into Darkness
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
Chris Pine, Simon Pegg, Zachary Quinto, Benedict Cumberbatch, Zoe Saldana, Karl Urban, Anton Yelchin,
DISTRIBUZIONE
Universal Pictures Italia
USCITA CINEMA
06/06/2013
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2013
Se consideriamo la carriera di J.J. Abrams,
non possiamo non ammettere che È partito con un notevole svantaggio. Il
cinema di fantascienza ai giorni nostri ha giÀ detto praticamente
tutto, e soprattutto lo ha mostrato in immagini. Con Incontri ravvicinati del terzo tipo ed E.T., ad esempio, Steven Spielberg ha avuto maggior spazio di manovra, ha potuto in qualche modo
aggiungere al genere dei tasselli che mancavano, sia dal punto di vista
squisitamente visivo che in particolar modo da quello emotivo. Per il
resto, la capacitÀ di manipolare l'immaginario sci-fi attraverso la
padronanza della narrazione per archetipi È la stessa. J.J. Abrams È davvero l'erede naturale del suo "maestro", e Into Darkness - Star Trek arriva a confermalo una volta per tutte.
Come nel primo episodio l'attaccamento alla tradizione del franchise È
presente ma non È un impedimento, tutt'altro. Abrams rielabora,
sfoltisce, rinfresca a suo piacimento. Nella prima parte del film
stavolta il gioco gli riesce a fasi alterne per un motivo semplice: il villain della storia È colui che si rivela il cuore pulsante dell'operazione, la fascinazione prima del prodotto. Quando questo succede spesso gli equilibri narrativi sono piÙ complicati da settare. A venire ad esempio in mente È Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan, dove il Joker sovrastava eccessivamente la figura
di Batman rendendolo pura reazione alle sue azioni criminose. Oppure la
seconda trilogia di Guerre stellari, piuttosto scialba finchÉ, a metÀ
de La vendetta dei Sith, finalmente si palesava l'anima oscura e
leggendaria di Darth Vader. È una mera questione di confronto con
l'epica contemporanea, con l'immaginario che il cinema ci ha regalato.
Nel caso di Into Darkness - Star Trek c'È anche perÒ l'impari lotta tra i pur volenterosi Chris Pine e Zachary Quinto e un Benedict Cumberbatch invece maestoso.
Difficile, anzi praticamente impossibile non esaltarsi di fronte al
carisma e alla forza espressiva dell'attore britannico. È soprattutto
grazie al suo personaggio se la figura di Spock si snellisce di qualche
leziositÀ che aveva lasciato intravedere all'inizio e diventa vibrante
col procedere della storia. PerchÉ un eroe possa esaltare le sue
qualitÀ, ha bisogno del suo nemico piÙ acerrimo. Nel cinema È sempre
stato cosÌ, e questo secondo capitolo cavalca con sapienza tale grande
veritÀ cinematografica.
Curatissimo nella confezione senza risultare inutilmente magniloquente -
altra qualitÀ estetica che accomuna il cinema di Abrams e quello di
Spielberg - Into Darkness È un lungometraggio intelligentissimo ma soprattutto potente.
Non frastorna lo spettatore con lo spettacolo ma lo entusiasma con
l'energia sprigionata dall'equilibrio tra storia e messa in scena. È un
dono sempre piÙ raro nel cinema mainstream americano, e per questo va
maggiormente evidenziato e applaudito.
di Adriano Ercolani
non possiamo non ammettere che È partito con un notevole svantaggio. Il
cinema di fantascienza ai giorni nostri ha giÀ detto praticamente
tutto, e soprattutto lo ha mostrato in immagini. Con Incontri ravvicinati del terzo tipo ed E.T., ad esempio, Steven Spielberg ha avuto maggior spazio di manovra, ha potuto in qualche modo
aggiungere al genere dei tasselli che mancavano, sia dal punto di vista
squisitamente visivo che in particolar modo da quello emotivo. Per il
resto, la capacitÀ di manipolare l'immaginario sci-fi attraverso la
padronanza della narrazione per archetipi È la stessa. J.J. Abrams È davvero l'erede naturale del suo "maestro", e Into Darkness - Star Trek arriva a confermalo una volta per tutte.
Come nel primo episodio l'attaccamento alla tradizione del franchise È
presente ma non È un impedimento, tutt'altro. Abrams rielabora,
sfoltisce, rinfresca a suo piacimento. Nella prima parte del film
stavolta il gioco gli riesce a fasi alterne per un motivo semplice: il villain della storia È colui che si rivela il cuore pulsante dell'operazione, la fascinazione prima del prodotto. Quando questo succede spesso gli equilibri narrativi sono piÙ complicati da settare. A venire ad esempio in mente È Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan, dove il Joker sovrastava eccessivamente la figura
di Batman rendendolo pura reazione alle sue azioni criminose. Oppure la
seconda trilogia di Guerre stellari, piuttosto scialba finchÉ, a metÀ
de La vendetta dei Sith, finalmente si palesava l'anima oscura e
leggendaria di Darth Vader. È una mera questione di confronto con
l'epica contemporanea, con l'immaginario che il cinema ci ha regalato.
Nel caso di Into Darkness - Star Trek c'È anche perÒ l'impari lotta tra i pur volenterosi Chris Pine e Zachary Quinto e un Benedict Cumberbatch invece maestoso.
Difficile, anzi praticamente impossibile non esaltarsi di fronte al
carisma e alla forza espressiva dell'attore britannico. È soprattutto
grazie al suo personaggio se la figura di Spock si snellisce di qualche
leziositÀ che aveva lasciato intravedere all'inizio e diventa vibrante
col procedere della storia. PerchÉ un eroe possa esaltare le sue
qualitÀ, ha bisogno del suo nemico piÙ acerrimo. Nel cinema È sempre
stato cosÌ, e questo secondo capitolo cavalca con sapienza tale grande
veritÀ cinematografica.
Curatissimo nella confezione senza risultare inutilmente magniloquente -
altra qualitÀ estetica che accomuna il cinema di Abrams e quello di
Spielberg - Into Darkness È un lungometraggio intelligentissimo ma soprattutto potente.
Non frastorna lo spettatore con lo spettacolo ma lo entusiasma con
l'energia sprigionata dall'equilibrio tra storia e messa in scena. È un
dono sempre piÙ raro nel cinema mainstream americano, e per questo va
maggiormente evidenziato e applaudito.
di Adriano Ercolani