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I miracoli di De Sica

I miracoli di De Sica

Cannes

06.07.2001 - Autore: Stefano Finesi
È il 1948 quando, tra lindifferenza del pubblico e lirritazione dei benpensanti, esce nelle sale Ladri di biciclette: ignorato in patria, il film farà conquistare a Vittorio De Sica il secondo Oscar (dopo quello per Sciuscià) e lo consacrerà uno dei registi più acclamati in tutto il mondo, diventando unopera fondamentale nellimmaginario cinematografico delle generazioni a venire. Dove è arrivato lattore brillante di tante commedie degli anni trenta, il campione di quel cinema disimpegnato poi ribattezzato con ironia dei telefoni bianchi? Il Signor Max, Gli uomini che mascalzoni, Darò un milione, sono solo alcuni dei titoli più celebri che lo avevano trasformato in vera e propria star negli anni del fascismo: sotto la regia attenta di Mario Camerini, che in quanto a ritmo e a capacità descrittive ha poco da invidiare ai colleghi doltreoceano, De Sica attore compie anche un apprendistato registico che saprà mettere a frutto nei suoi primi film dietro la macchina da presa. Lesordio avviene con Rose scarlatte, nel 1940; seguiranno Maddalena zero in condotta, Un garibaldino a convento, Teresa Venerdì: il tono è quello della commedia leggera, ma già in queste prime opere si fanno strada, proprio grazie alla lezione cameriniana, alcune caratteristiche dei film della maturità, dallattenzione ai dettagli quotidiani alla capacità di dirigere gli attori. Lanno di svolta, però, è il 1943, con I bambini ci guardano. La guerra, che impone drammaticamente un nuovo modo di guardare le cose, e lincontro fondamentale con Cesare Zavattini, da cui non si separerà più, permettono a De Sica un approccio nuovo, più critico e dolente: la storia del piccolo Pricò, che assiste al tradimento della madre e al suicidio del padre, è un attacco evidente a quellistituzione familiare che era uno dei cardini della retorica fascista. Solo nel dopoguerra, tuttavia, tra le macerie di unItalia poverissima ma capace di recuperare uno sguardo morale sulla realtà, la coppia De Sica-Zavattini mette a mano a dei veri capolavori, diventando uno dei punti di riferimento della poetica neorealista e rivoluzionando la storia del cinema: Sciuscià, Ladri di biciclette e Umberto D. (1952) sono gli esempi più compiuti della teoria zavattiniana del pedinamento, di un cinema che esclude lesistenza del banale e punta la cinepresa sui minimi dettagli quotidiani, scovando sotto ogni sasso una storia capace di assumere una portata universale. De Sica, che ha una predilezione per le storie di ragazzi e adolescenti, non rinuncia poi alla vena favolistica che è al centro di altri film straordinari, primo fra tutti Miracolo a Milano, spesso frainteso alla sua uscita per lespediente fantastico con cui risolve il problema sociale, ma in grado ancora oggi di incantare. Con la fine della stagione neorealista, la sua carriera prosegue comunque a gonfie vele, tra interpretazioni memorabili (da Il Generale Della Rovere di Rossellini a Pane, amore e fantasia, da Il Conte Max a fianco di Sordi a Il medico e lo stregone di Monicelli, in coppia stavolta con Mastroianni) e un percorso registico sempre stimolante e sempre legato a unosservazione sociale che si rinnova con i mutamenti profondi dellItalia nel corso degli anni sessanta: Loro di Napoli (1954), La ciociara (1960), Il giudizio universale (1961), Ieri, oggi, domani (1963), Il boom (1963) Matrimonio allitaliana (1964), sono i tasselli di un mosaico incredibilmente vasto e penetrante. Il giardino dei Finzi Contini (1970, tratto dal celebre romanzo di Bassani e quarto premio Oscar per De Sica) è forse lultimo capolavoro prima di una lenta discesa culminata ne Il viaggio, girato nellanno della morte, il 1974. Sono passati 27 anni e nessuno, tra i tanti discepoli e imitatori, è ancora riuscito a eguagliare il genio, la versatilità e limpegno di un artista che come pochi ha attraversato, segnandola in profondità, la storia del nostro cinema.