
Ma è il ritmo cinematografico a farne le spese, con i giovani protagonisti che finiscono per ritrovarsi nel bel mezzo di lunghissime sequenze che si susseguono in un ciclo a ripetizione. La loro fuga dura centoquarantasei minuti. Se togliamo a quel numero un breve inizio divertente e spettacolare, ci ritroviamo poi con un film il cui tracciato diventa sempre più piatto. Si continua a osservare l’orologio o a girarsi i pollici e più ci si concentra sulla lentezza, più il film sembra interminabile. Yates cerca di imitare lo stile epico di Peter Jackson de “Il Signore degli Anelli” e per questo utilizza un centinaio di set spettacolari che finiscono per trasformarsi in stancanti panorami en passant. Il regista non osa mai, anche se non mancano sequenze che alzano il livello di intrattenimento: i migliori momenti vedono i tre eroi nelle strade di Londra che cercano di infiltrarsi sotto mentite spoglie all’interno del ministero della magia.

I tempi di Hogwarts sono finiti. Il mondo di Harry si è trasformato in una specie di campo nazista in cui i maghi vogliono avere la supremazia sui babbani e i mezzosangue vengono perseguitati. Temi interessanti che però rimangono in superficie per tornare allo sviluppo dell’amicizia tra i protagonisti e all’eterna lotta tra il bene e il male. Ma a parte qualche abbraccio in più tra Hermione e Ron, e pochi momenti di spettacolo in cui le bacchette si scontrano quasi fossero spade laser di “Star Wars”, Yates inserisce troppe dissolvenze rischiando che la palpebra dello spettatore segua l’esempio senza però riaprirsi fino alla fine.

Se i giovani attori sono spesso spaesati e mal diretti, il cast di contorno - composto da grandi talenti britannici, tra cui le new entry Peter Mullan e Bill Nighy - fa quel che può con pochissimo spazio a disposizione. Ralph Fiennes nei panni di Voldemort continua a gigioneggiare, ma almeno lui ci prova, così come Helena Bonham Carter che si diverte a mettere paura nei panni della perfida Bellatrix. L’intenzione iniziale della Warner era quella di convertire la pellicola in 3D… non avrebbe funzionato affatto, dal momento che è il dinamismo il vero elemento mancante della pellicola.

Il potteriano DOC potrebbe anche apprezzare il film, lo spettatore che invece soffre la lentezza del ritmo vorrà lasciare la sala, mentre il cinefilo che rimane fino alla fine, accarezzerà la fantasia di una produzione alternativa. È questo il nostro caso. Ci siamo quindi trovati a domandarci: e se Yates avesse ceduto il posto a uno specialista di temi dark come Sam Raimi? E se il regista de “La casa” avesse diretto il film con soli cinque milioni di dollari? E se da due film di cinque ore ne avesse girato uno unico da ottantotto minuti?… Avrebbe potuto sorprenderci con un capolavoro… ma non lo sapremo mai.
"Harry Potter e i doni della morte - Parte I" è distribuito nelle sale dalla Warner Bros.
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