The Happy Prince

The Happy Prince

Nella stanza di una modesta pensione di Parigi, Oscar Wilde (Rupert Everett) trascorre gli ultimi giorni della sua vita e come in un vivido sogno i ricordi del suo passato riaffiorano, trasportandolo in altre epoche e in altri luoghi. Non era lui un tempo l’uomo più famoso di Londra? L’artista idolatrato da quella società che l’ha poi crocifisso? Oggi Wilde ripensa con malinconia alle passioni che l’hanno travolto e con tenerezza al suo incessante bisogno di amare incondizionatamente. Rivive la sua fatale relazione con Lord Alfred Douglas (Colin Morgan) e le sue fughe attraverso l’Europa, ma anche il grande rimorso nei confronti della moglie Constance (Emily Watson) per aver gettato lei e i loro figli nello scandalo dopo l’estrema condanna per la sua omosessualità. Ad accompagnarlo in questo ultimo viaggio solo l’amore e la dedizione di Robbie Ross (Edwin Thomas), che gli resta accanto fino alla fine nel vano tentativo di salvarlo da se stesso e l’affetto del suo più caro amico Reggie Turner (Colin Firth).

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
The Happy Prince
GENERE
NAZIONE
United Kingdom
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Vision Distribution
DURATA
105 min.
USCITA CINEMA
12/04/2018
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2018
di Mattia Pasquini

Se il Wilde del 1997 diretto da Brian Gilbert, ci aveva consegnato un incredibile Stephen Fry e offerto un protagonista imperioso e superiore, è encomiabile l'operazione fatta da Ruper Everett nel suo The Happy Prince – L'ultimo ritratto di Oscar Wilde, di accompagnarci verso la fine della sua biografia scavando nella parte più segreta e dolorosa della vita del grande scrittore inglese. La scelta del racconto del 1888 come riferimento della vicenda mostrata è perfetta, in questo senso, proprio per la struggente conclusione di quello e di questo.

La solitudine del principe sulla colonna e il dolore che nasconde dietro il suo aspetto fiero sono le stesse dell'autore, che scopriamo da subito applaudito quanto minacciato, spesso dalle stesse persone. Un leitmotiv in una vita ricca di delusioni apparentemente orientata alla 'ricerca del tradimento' da parte del nostro "professional masochist". Un uomo innamorato della superficie, ma bisognoso di profondità, intrappolato in una contraddizione morale continua e braccato dai sensi di colpa.

Della sua 'immoralità' sappiamo fin troppo bene, ma alcune scelte di Everett all'esordio come regista si rivelano decisamente interessanti, anche se non sempre in grado di evitare una certa discontinuità. E magari compensare delle evitabili complicazioni cronologiche come un'insistita e forzosa ricerca di pathos ed empatia. Il pubblico sicuramente resterà colpito - non necessariamente conquistato - dalla tristezza infinita di questa sorta di Dorian Gray (e dalla brutalità del giovane Bosie, più avido e cattivo che mai).

[Da Salomé a Dorian Gray, Oscar Wilde al cinema]

La 'rivalutazione' del Robbie di Edwin Thomas (il meno noto in un cast che annovera il lungamente atteso Colin Firth, Emily Watson, Tom Wilkinson e Béatrice Dalle) - amico ed esecutore testamentario di Wilde, con il quale condivide la tomba di Père Lachaise dal 1950, e con lui simbolo delle migliaia di omosessuali riabilitati solo nel 2017 - è quel che rimane più impresso alla fine della visione. Che nella seconda parte acquista una certa coerenza, ma non fluidità, e che soprattutto nella parentesi napoletana - divisa tra lo stereotipo e la magia degli angoli più nascosti di Posillipo e il Rione Sanità - patisce uno dei principali down narrativi, con momenti ridondanti e innecessari, spesso mal inquadrati e fuori tono.

Come spesso accade, il nemico numero uno è il solito didascalismo, che pure contesto e soggetto sembrano prevedere naturalmente, insieme a una diffusa affettazione, comprensibilmente derivante da certi obblighi nella caratterizzazione di un personaggio così forte. Che con disincanto e cinismo riesce a regalare qualche sparuto sorriso, pur se ormai privato dei suoi "pensieri meravigliosi". Un Pinocchio che rinasce spegnendosi e che forse avrebbe apprezzato tanto pietismo, a differenza di molti che, pur apprezzando l'evoluzione della storia (e un paio di inattese soggettive), potrebbero ritrovarsi disarmati di fronte a una mimesi facciale che oscilla tra l'eccezionale e il posticcio e a svolte mai davvero sorprendenti.