Il capitale umano
I progetti faciloni di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo VirzÌ stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.
VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Il capitale umano
GENERE
NAZIONE
Italia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
01 distribuzione
USCITA CINEMA
09/01/2014
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2014
Tutte le volte che ci si siede davanti a un film di Paolo VirzÌ, si viene invitati (e catturati all'improvviso) da un bipolarismo di emozioni senza mezzi termini. Si assapora la gioia che arriva sempre con un retrogusto di dolore o angoscia. Un rapporto biunivoco perfetto. Il regista È uno dei pochi che sa come alternare o mixare la natura di queste emozioni e ricavarle dallo spirito dei nostri tempi. Come lui stesso ci ha rivelato nella nostra intervista esclusiva, adesso era inevitabile passare al lato oscuro.
Di solito VirzÌ esplora il buio che si cela in un contesto solare, ne Il capitale umano compie esattamente l'opposto. Racconta un Paese ormai al capezzale, divorato da dentro dai suoi stessi abitanti. Allo stesso tempo cerca l'umanitÀ in ognuno di essi. Persone che, come fa giustamente notare la battuta madre del film, "hanno scommesso sulla rovina di questo Paese. E hanno vinto". Non si salva nessuno ne Il capitale umano, tutti fingono di non vedere la corruzione, si voltano dall'altra parte o ne traggono vantaggio. Solo i giovani, vittime delle colpe dei genitori, sono in grado di mantenere un tratto di innocenza, sebbene perfino loro vengano affascinati e avvelenati dal potere.
VirzÌ cambia registro e toni, ma rimane fedele alla sua idea di cinema - che È il suo grande talento - ovvero raccontare le emotivitÀ con forte realismo, tenendo alto il tono di ogni emozione. Il Capitale umano È il meno poetico e il piÙ potente dei suoi film. C'È tutta l'Italia in quel manipolo di personaggi del nord (evitiamo coordinate geografiche specifiche che hanno scatenato inutili polemiche quando invece altri spunti su cui discutere ce ne sono. Non pochi e tutti interessanti). Diviso in capitoli e con una sottotrama da thriller whodunit che ci viene svelato a poco a poco (tutto parte da un incidente stradale e dal misterioso colpevole), il film È piuttosto un horror dei nostri tempi. Riflette, senza viaggiare troppo con la fantasia, sulle basi su cui poggiano le famiglie italiane. I piÙ ricchi diventano piÙ ricchi, ma se non calpestassero la gente e le leggi perderebbero tutto in meno di 24 ore. Non c'È piÙ middle-class, i piÙ poveri naturalmente rischiano di essere ancora piÙ poveri, e sperano di sbarcare il lunario facendo il grande salto. Possono essere marci come nel caso del personaggio di Bentivoglio e pronti a vendere la loro famiglia con l'illusione di potere e ricchezze in un Paese a cui È rimasto ben poco da offrire.
Memorabile e sofferente, Il capitale umano È ad oggi il film piÙ maturo di VirzÌ, che si mette in gioco facendo suo un film che apparentemente non sarebbe nelle sue corde. Il regista compie un grande lavoro per tenere saldi tono e messa in scena, senza nessuna sbavatura o caduta di stile. Nel farlo viene aiutato da un grande cast. Il lavoro di tutti gli attori È incredibile, con una standing ovation in particolare per Fabrizio Gifuni, perfetto in tutto il suo disgusto, e Valeria Bruni-Tedeschi, che centra perfettamente la natura vulnerabile e allo stesso tempo corrotta del suo personaggio.
Di solito VirzÌ esplora il buio che si cela in un contesto solare, ne Il capitale umano compie esattamente l'opposto. Racconta un Paese ormai al capezzale, divorato da dentro dai suoi stessi abitanti. Allo stesso tempo cerca l'umanitÀ in ognuno di essi. Persone che, come fa giustamente notare la battuta madre del film, "hanno scommesso sulla rovina di questo Paese. E hanno vinto". Non si salva nessuno ne Il capitale umano, tutti fingono di non vedere la corruzione, si voltano dall'altra parte o ne traggono vantaggio. Solo i giovani, vittime delle colpe dei genitori, sono in grado di mantenere un tratto di innocenza, sebbene perfino loro vengano affascinati e avvelenati dal potere.
VirzÌ cambia registro e toni, ma rimane fedele alla sua idea di cinema - che È il suo grande talento - ovvero raccontare le emotivitÀ con forte realismo, tenendo alto il tono di ogni emozione. Il Capitale umano È il meno poetico e il piÙ potente dei suoi film. C'È tutta l'Italia in quel manipolo di personaggi del nord (evitiamo coordinate geografiche specifiche che hanno scatenato inutili polemiche quando invece altri spunti su cui discutere ce ne sono. Non pochi e tutti interessanti). Diviso in capitoli e con una sottotrama da thriller whodunit che ci viene svelato a poco a poco (tutto parte da un incidente stradale e dal misterioso colpevole), il film È piuttosto un horror dei nostri tempi. Riflette, senza viaggiare troppo con la fantasia, sulle basi su cui poggiano le famiglie italiane. I piÙ ricchi diventano piÙ ricchi, ma se non calpestassero la gente e le leggi perderebbero tutto in meno di 24 ore. Non c'È piÙ middle-class, i piÙ poveri naturalmente rischiano di essere ancora piÙ poveri, e sperano di sbarcare il lunario facendo il grande salto. Possono essere marci come nel caso del personaggio di Bentivoglio e pronti a vendere la loro famiglia con l'illusione di potere e ricchezze in un Paese a cui È rimasto ben poco da offrire.
Memorabile e sofferente, Il capitale umano È ad oggi il film piÙ maturo di VirzÌ, che si mette in gioco facendo suo un film che apparentemente non sarebbe nelle sue corde. Il regista compie un grande lavoro per tenere saldi tono e messa in scena, senza nessuna sbavatura o caduta di stile. Nel farlo viene aiutato da un grande cast. Il lavoro di tutti gli attori È incredibile, con una standing ovation in particolare per Fabrizio Gifuni, perfetto in tutto il suo disgusto, e Valeria Bruni-Tedeschi, che centra perfettamente la natura vulnerabile e allo stesso tempo corrotta del suo personaggio.
di Pierpaolo Festa