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The Conjuring - Il caso Enfield: intervista a James Wan, regista di punta dell'horror contemporaneo

L'autore di Saw, Insidious e Conjuring si racconta in una lunga chiacchierata con Film.it e rivela: "Pensate di sapere quello che accadrà nei miei horror? Dovrete ricredervi"

27.06.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
Si parte citando Steven Spielberg e si conclude sconfinando nel cinema di David Lynch. Sono loro i due eroi di James Wan, quelli che lui stesso cita nel corso della conversazione con Film.it, quando sediamo di fronte a lui a Londra per discutere di The Conjuring - Il caso Enfield, il suo nuovo sequel, secondo tassello di un franchise che il regista non ha la minima intenzione di abbandonare: "Questa è la realtà odierna del cinema mainstream: pensare in termini di sequel, prequel, reboot e spin-off. Dunque mi piace pensare a quello che chiamo 'l'universo cinematografico di The Conjuring'. Una visione che espanderemo. La vera domanda è: 'come riuscirò a farlo in modo intelligente?'". 


 
ATTENZIONE SEGUONO SPOILER LEGGERI SUL THE CONJURING - IL CASO ENFIELD. SIETE AVVERTITI!

Nel corso di una sequenza del film uno dei personaggi è fuori da un cornicione e l'unica cosa che lo tiene ancora nel mondo dei vivi è una tenda a cui è appeso. La macchina da presa di Wan inquadra ripetutamente i supporti della tenda che saltano uno dopo l'altro. Il volume della tensione si alza e questa colpisce lo spettatore ripetutamente: "Mostravo il film al mio amico Leigh Whannell con il quale ho realizzato Saw e Insidious. E durante quella scena lui mi dice: 'Ecco vedi, hai girato una sequenza alla Spielberg!'". 
 
Spielberg dice di non essere mai andato dallo psicologo perché si è sempre liberato dei suoi demoni tirandoli fuori nei suoi film. James Wan è specializzato nell'horror. Al sesto film dell'orrore sul tuo curriculum, mi chiedo, dormi tranquillo la notte o sei tormentato dalle visioni terrificanti?
Dormo benissimo. Zero incubi. Ha ragione Spielberg: metto tutto me stesso sullo schermo ed è un processo psicologico liberatorio. Catartico. 
 
All'epoca del primo film di The Conjuring, mi ricordo di aver pensato: 'Questo è il film più maturo di James Wan"...
Come? Non pensi che Fast and Furious 7 lo sia? (Sorride) Diciamo che avresti ragione a definirlo il mio film più maturo: sto invecchiando, e il mio lavoro riflette chi sono e dove sono arrivato finora nella vita. 

WAN E CARY ELWES SUL SET DI SAW
 
Quanti anni avevi quando hai diretto Saw - L'enigmista?
Al primo ciak su quel set avevo ventisei anni. Ne ho compiuti trentanove lo scorso 27 febbraio. 
 
Mi piace pensare che quel film sia un thriller prima che un horror. All'epoca tutti i thriller sui serial killer erano la copia di Seven. Poi è arrivato Saw e le cose sono cambiate...
Ricordo di aver parlato con i produttori di quel film e di aver detto loro: "ragazzi io ho fatto un thriller e voi lo avete venduto come un horror!". Era spiazzante, ma ero comunque felicissimo del successo del film.   

In un certo senso però quello è il primo film che ha generato il termine hollywoodiano di "Torture Porn", prima ancora di Hostel. Hai sofferto un po' quando sono arrivati tutti quei sequel e il franchise è diventato a tutti gli effetti un horror esagerato?
Ero infastidito, sì. Anche per questo, sebbene io sia rimasto a bordo del franchise in qualità di produttore esecutivo, mi sono allontanato dal processo creativo dei sequel. Non volevo essere etichettato come "il padre del torture porn". Eppure, per un po' molti hanno associato il mio nome soltanto a quel franchise. Io però mi sono subito distaccato e ho cercato nuovi spunti narrativi: quando ho rifiutato di girare Saw II, ho scelto invece un piccolo progetto come Dead Silence. 

 
Film che però in pochi hanno visto...
Proprio così. Peccato. Quel film è la mia versione degli horror della Hammer e di quelli di Mario Bava. Un film dell'orrore raccontato come una favoletta. Anche dopo Dead Silence, il pubblico ha continuato a vedermi come "il padre di Saw".
 
A quel punto ti sei allontanato dall'horror e hai girato Death Sentence, la tua versione de Il giustiziere della notte con Kevin Bacon al posto di Charles Bronson...
L'ho fatto a posta. Allontanarmi dall'horror era una priorità. E ho scelto la revenge story classica. 
 
Da una parte mi parli di Hammer e Mario Bava, poi nomini la revenge story classica. E' la nostalgia che ti spinge verso ogni progetto?
Seguo le mie passioni di bambino, quei film che mi hanno colpito quando ero piccolo. Ma non direi che i miei lavori sono un tributo retrò. Quello che è importante è prendere elementi familiari e stravolgerli: lo spettatore crede di aver già visto quello che racconto e poi invece si ritrova spiazzato. Prendiamo Saw - L'enigmista: ecco un thriller con l'estetica di un horror. Insidious invece è la mia versione degli horror classici incentrati su case stregate, ma bastano pochi minuti per capire che il film non è solo quello. The Conjuring è molto più diretto come approccio, torniamo quindi alla tua definizione di 'film più maturo tra i miei lavori'. Va bene così. Eppure anche lì è come se dicessi allo spettatore: 'pensi di sapere dove ti porterò? Ripensaci!'. 


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In effetti in The Conjuring - Il caso Enfield assistiamo a una scena in cui la povera famiglia che vive all'interno di una casa stregata, chiama la polizia. Di solito ti aspetti che le forze dell'ordine non trovino alcuna prova dell'esistenza del sovrannaturale e che etichettino i personaggi come pazzi visionari o bugiardi. Nel film però succede qualcosa di diverso...
Esatto. Tengo sempre a mente una cosa: puoi affrontare percorsi narrativi che il cinema di genere conosce bene e all'interno di essi puoi comunque essere efficace. Un film come The Others per esempio, che è uno dei miei horror preferiti, ne è la prova. 
 
Però quando si parla di sequel si accetta spesso un compromesso, quello di dover realizzare uno spettacolo più grosso rispetto al primo film. Succede anche qui. E' stata dura evitare che quelle sequenze si portassero via l'intera trama del film?
In effetti ero terrorizzato dalla cosa. Non ero sicuro che avrei potuto ricreare gli spaventi del primo film, ma ero certo che avrei raccontato personaggi interessanti, perché gli spettatori amano questi due protagonisti, Ed e Lorraine Warren. Credo in realtà che siano loro la ragione del successo del franchise. C'è una connessione emotiva tra i due personaggi che qui abbiamo ampliato: nel primo Conjuring lui protegge lei, qui accade l'esatto opposto. E' Lorraine che guarda le spalle al marito cercando di evitare il futuro che le viene rivelato all'inizio del film. Ho iniziato a lavorare su questo sequel pensando più ai miei personaggi che agli spaventi in scena. 
 
Una domanda che ricorre nella mente dello spettatore è: come mai questa famiglia inglese che vediamo nel film, un gruppo di persone tormentate da presenze demoniache, una bambina con sintomi di possessione demoniaca... come mai questi personaggi non lasciano immediatamente casa loro? E' una cosa che succede anche nel primo film...
Perché questa è la realtà. Spesso non ci sono le condizioni per trasferirsi né le possibilità economiche. E spesso nessuno crede a quello che stai dicendo. Cerco di mantenere questi film all'interno di un ragionamento comunque non esagerato. Il primo Conjuring è ambientato nel corso di qualche mese, una sintesi di un periodo che nella realtà è durato nove anni. In quel caso ho dovuto tagliare via tanti altri eventi che quella famiglia ha raccontato: giuravano di aver vissuto molte più esperienze di paura rispetto a quelle che mostriamo nel film. Io però sapevo che se avessi raccontato tutte quelle cose, avrei esagerato. E lo spettatore non mi avrebbe seguito. 


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Uno dei miei registi preferiti è Michael Mann. Mi piace pensarlo mentre entra in una banca e automaticamente gli viene in mente il modo migliore per svaligiarla in maniera rapida e precisa. Una cosa che ha mostrato chiaramente nei suoi film. All'inizio dell'intervista mi dicevi che dormi tranquillo, mi chiedo però se la tua mente funzioni allo stesso modo. Ti capita di avere visioni che ti guidano verso determinate scelte horror? Parliamo ad esempio della scena più spaventosa di The Conjuring 2, quella della suora malefica che arriva a metà film...
Sì, certamente. E' partito tutto da una visione che avevo nella mia mente: quella di una bambina che indica alla madre qualcosa in fondo al corridoio. Normalmente accade che gli adulti alzano lo sguardo e non vedono niente. Qui non succede. Qui anche la madre vede la presenza che si aggira nella casa. E' in quel momento che vi ritroverete con tutti i peli della schiena dritti!

Succede tutto alla luce del sole. Una cosa insolita in un horror...
Proprio così. Tutto il film deve sembrare spaventoso, anche quando c'è il sole, che è un po' il periodo in cui ti senti al sicuro. Non fermiamo mai la paura. Mi sono ispirato al mio regista preferito, il più grande regista che riesce a spaventarti anche se non fa horror: David Lynch. 

Sì in effetti ho pensato molto alla scena del diner di Mulholland Drive, quella con il senzatetto che provoca un infarto a un uomo semplicemente sbucando fuori da un angolo...
Lascia che condivida con te una piccola nota "Trivia". Sai perché hai pensato a Mulholland Drive? Perché la persona che interpreta quel personaggio è la stessa che interpreta la suora malefica del mio film! Un'attrice. La grande Bonnie Aarons