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David Cronenberg a Venezia: “Amo Netflix, il cinema è una cosa del passato”

Il regista abbraccia il digitale e lo streaming, rivela che gli piacerebbe dirigere una serie e confessa: “Odio la pellicola”

David Cronenberg

05.09.2018 - Autore: Marco Triolo
“Il cinema è stato per sempre smantellato, e non sarà mai più lo stesso”. David Cronenberg ha 75 anni, ma è solo un dato anagrafico. Giunto a Venezia per ritirare il Leone d'Oro alla carriera in una edizione che porta il suo stesso numero, 75, il regista di Videodrome, La mosca e M Butterfly (la cui versione restaurata verrà presentata proprio al Lido) parla del futuro della settima arte ora che “l'esperienza religiosa” della visione collettiva in sala sta venendo fatta a pezzi dallo streaming e dall'evoluzione della tecnologia digitale.
 
Il cinema ormai è come il vinile, come chi si ostina a usare la macchina da scrivere”. Non ci va leggero Cronenberg. Durante la masterclass in cui incontra pubblico e stampa, suscita più volte la risate della sala proponendosi a Netflix per una serie TV. “È da tanto che non lavoro!”.
 
E in effetti sono quattro anni, da Maps to the Stars, che non ritroviamo il suo nome su un cartellone cinematografico. Ora confessa che non gli dispiacerebbe dirigere una serie: “Tempo fa ho scritto un romanzo, Divorati. Poi mi sono ritrovato a vedere un sacco di serie, specialmente su Netflix, e mi sono accorto che le serie sono molto più simili a un romanzo rispetto a un film. In una serie puoi fare anche un episodio incentrato solo sul dialogo tra due personaggi, se trovi qualcuno disposto a sperimentare con il formato. C'è più complessità, la possibilità di scrivere nella testa di un personaggio, come in un romanzo”. “Se facessi una serie TV”, continua, “dirigerei i primi due episodi e lascerei il resto a una squadra di registi e sceneggiatori da me selezionata. In un film vuoi controllare tutto, in televisione invece è possibile raggiungere una certa consistenza anche se non dirigi proprio tutto”.
 
Qualche giorno fa, Cronenberg ha dialogato con Spike Lee nel corso di un'altra masterclass a Venezia, a proposito del futuro del cinema ora che lo streaming è entrato in scena. “Sono anni che non vado al cinema, confesso. Il parcheggio è un problema, ma è anche perché ti devi sorbire la pubblicità, mentre su Netflix no. La prima volta che ho visto La forma dell'acqua di Guillermo Del Toro, l'ho visto in Blu-Ray sul mio televisore al plasma da 50 pollici. Poi l'ho rivisto con un amico al cinema. E devo dire che ho avuto un'esperienza migliore a casa. In sala l'immagine era scura, forse perché il proiezionista voleva risparmiare sulla lampadina oppure a causa di impostazioni sbagliate. E comunque non è detto che a casa tu non possa vedere il film con gli amici. Anzi, siete tutti i benvenuti a casa mia a vedere un film”. Una promessa vuota? Non proprio, perché Cronenberg subito dopo dà il suo indirizzo di casa a Toronto!
 
Nessuna nostalgia del vecchio cinema analogico, allora? “Io odio la pellicola in realtà. In giro c'è un sacco di gente nostalgica come Spielberg e lo stesso Spike Lee. Ricordo bene quanto fosse difficile far uscire in sala la mia versione di un film, perché la stampa che andava al cinema non era mai esattamente uguale a quella che usciva dal tuo negativo. Cambiava il colore, la grana. Prima del digitale eravamo analogici, ma dentro il nostro sistema nervoso siamo sempre stati digitali, perché con il digitale puoi spostare le cose e riorganizzarle all'istante come nel tuo cervello. La pellicola era frustrante, era come fare un quadro e poi far vedere alla gente una brutta foto del tuo dipinto. Il digitale ti dà una copia esatta del tuo originale, anzi non esiste l'originale”.
 
Dopo tutto, non solo il cinema analogico è defunto. “Sono cresciuto con la radio e gli sceneggiati radiofonici. Si facevano grandi cose, ma poi quell'arte è scomparsa con l'arrivo della televisione. A chi dice 'dobbiamo piangere il cinema' io rispondo: ci sono tante cose da rimpiangere. Le cose cambiano e si evolvono”.