Una nobile rivoluzione è un documentario dai nobili intenti. È anche un film davvero toccante su una persona che ha lottato per tutta la vita per i diritti civili LGBT. Marcella Di Folco, all'anagrafe Marcello, fu caratterista del cinema italiano per Fellini, per il quale recitò in Amarcord, La città delle donne e Satyricon, ma anche Zeffirelli e Rossellini. Poi scelse con grande coraggio di lasciarsi alle spalle una carriera avviata e viaggiò a Casablanca per diventare donna a tutti gli effetti. Divenne dunque attivista politica per il MIT, Movimento Identità Transessuale, e lo guidò fino alla morte nel 2010.
Viaggiando tra Roma e Bologna, dove si trasferì Marcella nel 1986, Simone Cangelosi ne ricostruisce la vita attraverso contributi video ottenuti da attivisti del Movimento e altri tratti dai suoi stessi archivi, filmati nel corso di anni. Abbiamo incontrato il regista e Liliana Di Folco, sorella di Marcella, al Festival di Torino, dove Una nobile rivoluzione è stato proiettato il 22 novembre, nel giorno del Transgender Day of Remembrance, che commemora le vittime della transfobia.
“Prima di tutto, io e lo sceneggiatore Roberto Nisi abbiamo fatto un viaggio a Roma per capire chi fosse Marcella, perché molti suoi lati non li faceva conoscere. Solo dopo la morte ho scoperto un arcipelago straordinario di contatti, attività e passioni – ci racconta Cangelosi – Abbiamo fatto una scelta chiara: Marcella non doveva essere alle spalle di chi ne parla oggi, ma a fianco. Dal punto di vista del lavoro e della scrittura questo ha complicato le cose in maniera incredibile, ma volevamo questo intreccio tra dimensioni temporali per restituire Marcella viva”. Allo stesso tempo: “Non volevo fare un santino di Marcella: lei era umana. L'insegnamento, forse, è proprio 'siate umani',”. “Il documentario fa capire la sofferenza di una persona che ha lottato tanto per la sua identità – interviene la sorella Liliana – Spero che chi vede il film possa capire che le persone trans non sono malate, ma reali, e che hanno bisogno di trovare la propria identità. Le famiglie si devono svegliare e spero che il film dia loro un messaggio”.
Un altro tema importante è il rapporto di Marcella con la fede cattolica e con il Vaticano: “Marcella era cattolica osservante, quando è morta aveva in tasca il rosario. La religione è una cosa bella, una cosa che ci si porta dentro. Marcella ce l'aveva dentro e la esternava con le persone che le stavano accanto”. “Credeva nell'amore che ci ha dato Cristo – continua Liliana Di Folco – un amore che è per tutti. Non so se tutti capiranno questo messaggio, magari rideranno di questo personaggio 'ambiguo', che balla, ride e fa la sciocca, ma poi dice le cose giuste. Spero che la gente lo capisca”. “Marcella attaccava sempre con grande onestà gli attacchi delle gerarchie vaticane verso il movimento LGBT – spiega Cangelosi – Ma non diceva di essere religiosa in pubblico per avvantaggiarsi delle relazioni con il clero. Teneva la fede per sé e la viveva veramente, ma viveva anche il laicismo, separando potere politico italiano da potere vaticano. Aveva chiara la divisione tra dimensione politica e religiosa”.
“Il primo film che ho visto al cinema fu Amarcord – ricorda il regista – Incontrare Marcella per me è stato significativo sia in quanto leader del MIT che per il suo lavoro con Fellini. Lei incarnava le mie passioni e il mio lavoro allo stesso tempo. Preferirei che non ci fosse il film ma che ci fosse ancora Marcella, ma questo non c'è bisogno di scriverlo”.


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23.11.2014 - Autore: Marco Triolo