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The Wife, la recensione del nuovo film con Glenn Close e Jonathan Pryce

Tra la neve e il ghiaccio la verità viene a galla. Una cerimonia di premiazione cambierà per sempre il destino di una famiglia

Close

28.09.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Intrigo a Stoccolma: il premio Nobel non è sempre un toccasana. Nel 1963, per la regia di Mark Robson, Paul Newman interpretava uno scrittore di successo pronto a ricevere la mitica medaglia dalle mani del re. Alcool, belle donne, un’atmosfera alla Hitchcock e un Intrigo internazione, con rapimenti e spie di potenze straniere. Anche in The Wife – Vivere nell’ombra il protagonista è un romanziere da Nobel, che vola in Svezia per essere celebrato. Ma anche qui c’è una truffa che non deve venire alla luce, un mistero che il mondo non deve conoscere.

Il regista Björn Runge costruisce un dramma famigliare serrato. Il colpo di scena non tarda ad arrivare, in un focolare che rischia di essere distrutto in pochi giorni. Marito e moglie nascondono un segreto, un maledetto imbroglio che portano avanti da tutta la vita. Ma The Wife – Vivere nell’ombra non ha solo lo spirito di un “thriller”: è un racconto delicato (tratto dal libro di Meg Wolitzer), che scava a fondo nelle dinamiche di coppia.



Lui è un intellettuale, un grande talento osannato da chiunque ami leggere. Invece lei resta in disparte, in silenzio. È un’ottima donna di casa, una madre premurosa, che non riesce a trovare un suo spazio. Ha uno sguardo quasi assente, e i capelli bianchi alcune volte la fanno sembrare un fantasma. Nessuno sembra accorgersi della sua presenza. Gli occhi sono puntati sulle opere degli altri, non sui suoi piccoli gesti.

Lei ha il volto di un’ottima Glenn Close, una campionessa del grande schermo, che non smette mai di sorprendere. Spesso non le serve parlare, basta uno sguardo per trasmettere lo stato d’animo del suo personaggio. E lei in materia di relazioni amorose (al cinema) la sa lunga. Ne Il grande freddo di Lawrence Kasdan non si faceva scrupoli nel prestare il suo sposo a un’amica in difficoltà, che voleva rimanere incinta. In Attrazione fatale di Adrian Lyne interpretava un’amante occasionale, una donna in carriera velenosa come un serpente.



Ma è in Le relazioni pericolose di Stephen Frears (tratto dal capolavoro di Pierre Choderlos de Laclos e già portato sul grande schermo da Vadim) che si è superata. Prestava il viso a una gran dama del Settecento, pronta a tutto per scatenare la sua ira sul vecchio compagno. Anche a fargli deflorare la futura giovane sposa. Battaglia tra i sessi, senza pietà. Ma in The Wife – Vivere nell’ombra depone le armi, per assumere un aspetto fragile e dimesso.

Nel film, il suo compito è mediare nei litigi con i figli e controllare il pranzo e la cena. In passato anche lei ha avuto un sogno: voleva dedicare la sua esistenza alla scrittura, ma la società sessista glielo ha impedito. “Il punto di vista di questa signora non mi convince”, borbotta un grasso editore con i piedi sulla scrivania. “Al pubblico non interessa quello che ha da dire una studentessa”, le spiega un’insegnante durante un flashback. Così muoiono le speranze e le ambizioni. Ma si può anche trovare la propria dignità.