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The Hateful Eight al cinema - La nostra recensione

Otto sembra essere un numero 'perfetto' per Quentin Tarantino, e i suoi personaggi, che realizza un film ricco di effetti e letture.

The Hateful Eight - La nostra recensione

04.02.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
"L'apparenza inganna", dice il coyboy mammone interpretato da Michael Madsen nel secondo capitolo del finto western firmato da Quentin Tarantino. E il suo nuovo The Hateful Eight è un gioco di specchi e di maschere di quelli che piace tanto mettere in scena al regista del Tennessee, che ancora una volta si bea di se stesso e si dilunga in una ipertrofica e prolissa rappresentazione. Un prisma, potremmo dire, nel quale ogni faccia restituisce una visione diversa di una Nazione da (più o meno) poco uscita da una sanguinosa guerra civile e ancora confusa sui concetti di legalità e giustizia sommaria.


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Siamo lontani da un possibile (e temuto) sequel di Django Unchained, e anche pensare a Le Iene rischierebbe di portare fuori strada, nonostante l'ambientazione e gli intrecci di sospetti e pallottole cui assistiamo nelle tre ore - per chi avesse il piacere di goderselo nella tanto decantata versione a 70mm, comunque affascinante - di film. L'utilizzo di spazio e (quasi) tempo e le dinamiche tra i personaggi evocano più scenari teatrali o Poirot di antica memoria, ma il Pulp non manca, ché altrimenti Quentin non si divertirebbe. Né soddisferebbe i suoi fan, anelanti efferatezze. Ma qui non siamo dalle parti di un Eli Roth qualsiasi, sotto sotto c'è ben altro.

C'è la lettura - non banale, in questo momento storico - di una Nazione che ancora si trova in difficoltà con la definizione di sé stessa e con la comprensione della sua storia, e la convivenza delle sue anime, a volte. C'è una questione razziale e sociale che vediamo raccontata da diversi punti di vista, e tutti piuttosto lontani da un possibile incontro o conciliazione. Yankee, schiavisti, negri, pellerossa, messicani, cacciatori di taglie, fuorilegge… tutto diventa "politica" in una forzata convivenza che si rivela una polveriera pronta a espodere


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"Parla piano e vai in giro armato" diceva Theodore Roosvelt, non a caso 26º presidente degli Stati Uniti (dal 1901 al 1909) e Premio Nobel per la pace. E, che tu sia leone o gazzella, schiavo liberato o ricercato, bastardo o sconfitto, sarà bene provvedere. E armarsi. Pistole e fucili fanno bella mostra di sé - e come poche altre volte producono effetti marchiani e disgustosi, con sangue a secchiate e cervella sparse in ogni dove - eppure a volte basta una semplice lettera, una arguzia, un esercizio di intelligenza a disarmare il proprio contendente o ad abbassare le difese di una categoria ostile.

In questi giochi mentali, oltre che in certi virtuosismi tecnici e cinematografici sta il piacere di questo "8vo" lavoro di Quentin Tarantino: un film logorroico e violento, di montaggio e caratterizzazione di personaggi (su tutti, non ce ne vogliano gli altri, Jackson, Jason Leigh e il bietolone Goggins), dalla regia preziosa anche se narcisistica e dalla splendida e convincente e onnipresente musica di Ennio Morricone, classico ed emozionante e funzionale e protagonista come nelle sue prove migliori.

The Hateful Eight è distribuito da 01 Distribution.

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