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Short Skin – La nostra recensione

La scoperta del sesso al cinema in un film crudo e insieme sentimentale decisamente fuori dagli schemi

Short Skin

Short Skin

24.04.2015 - Autore: Alessia Laudati
Per raccontare Short Skin: I dolori del giovane Edo, l'esordio di Duccio Chiarini che ha già conquistato Berlino e Venezia, l’operazione principale che viene in mente è una sottrazione ai modelli cinematografici con i quali è stata fino ad adesso tratteggiata sullo schermo la gioventù, e con essa, la delicata scoperta del sesso. Perché la storia del diciassettenne Edo (Matteo Creatini) che a causa di un difetto fisico ai genitali rimane in panchina nell’incontro con le abitanti di Venere, è il punto di osservazione privilegiato di un piccolo universo affettivo e fisico, quello della sessualità, nel quale, dominano fragilità, contraddizioni e confusione un po’ per tutti.

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Sì perché Short Skin è un film dove nel confronto con i teen-movie anglofoni (i primi ad aver messo al centro la sessualità come tema portante dell’intera trama) e con i prodotti mainstream nostrani realizzati per raccontare l’adolescenza (ricordiamo il filone mocciano e la saga brizziana di Notte prima degli esami) emergono qualità come, realismo senza volgarità, umorismo privo di demenzialità e bellezza senza stereotipi, sia al maschile che al femminile. C'è però dell'altro; una forma di coraggio, tanto coraggio, nel parlare di un tema, che malgrado occupi buona parte della vita collettiva dello spettatore medio, è di rado affrontato secondo una prospettiva maschile che non sia quella dominante del machismo a ogni costo. E su questo argomento sembra quasi che nel film venga disseminata la richiesta, da parte delle nuove generazioni e non solo, di un’educazione maggiore alla sessualità, senza la quale non restano che i modelli stravolti del porno a fare scuola. 

Short Skin, oltre ad offrire un punto di vista nuovo sull’educazione sessuale degli adolescenti di oggi, e ad avere quindi un certo ardore didattico, una pretesa quasi ideologica, ha anche tanto corpo, nel sostenere con un tono intimo e corrosivo e una fotografia iperrealista, una storia di scoperte, false partenze e rapporti umani, che vivono di autentica originalità in una provincia dell’anima e del paese, che non è mai espressione di marginalità. Fa molto piacere celebrare il talento di una piccola opera prima che è certamente al livello tecnico e narrativo di certi film indipendenti americani, quelle perle che con il passaparola dei fan arrivano a conquistare una buona fetta di pubblico, e che, insieme al bel ritratto dei giovani universitari condotto in Fino a qui tutto bene, sembra far emergere una nuova scuola toscana di precoci e talentuosi cineasti. 

Short Skin è distribuito da Good Films.