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Man in the Dark - La nostra recensione

Fede 'Evil Dead' Alvarez torna a giocare con la paura che una casa sa trasmettere, e creare, in un film che non 'lascia respirare'...

07.09.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Fede Alvarez si era fatto già notare per il remake del La Casa di Sam Raimi, non del tutto riuscito, purtroppo, ma comunque in grado di lasciar intuire qualcosa. Qualcosa che non si esprime ancora completamente in questo suo nuovo film, segnato dalla stessa debolezza di allora, ma un po' più convincente, in equilibrio tra convenzionalità e sorprese. Come quella - personalmente, spiacevole - del titolo scelto per il mercato italiano: Man in the Dark, invece del ben più evocativo Don't Breathe ("non respirare"). Storia vecchia, considerato che per quanto ci si riferisca al cieco protagonista la tensione che si crea ha un segno ben particolare… che il titolo originale rimanda alla perfezione.



Chi avrà visto il trailer saprà perfettamente a cosa ci si riferisca, per cui non servirà aggiungere molto altro. Salvo che, a dispetto del titolo banale, della dinamica classica, delle scene anticipate dalla promozione e dell'incipit del film stesso, questo thriller claustrofobico rivela una natura 'grossolana' che non ci si aspetterebbe, e che in fondo non gli nuoce. Una 'italianizzazione' dell'inglese con la quale potremmo sintetizzare un certo humor di bassa lega, tra le venature tragiche, e le immancabili esplosioni di violenza, senza trascendere nella caratterizzazione e insieme tenendo in sospeso gli spettatori, pronti a tutto…

Un merito per un prodotto del genere, chiuso in uno spazio angusto e a lungo giocato su una serie di assenze ed ellissi. Almeno fino alla parentesi centrale, a una rivelazione che scopriremo essere ben lungi dal concludere il dramma. Anzi. A parte una credibile Jane Levy (di nuovo, dopo il precedente film) e il co-direttore artistico dell'Actor's Studio Stephen Lang (visto nel film di Faenza e in Avatar, qui nei panni del 'Uomo al buio'), in realtà non mancano di avvertirsi scricchiolii nel prefinale, e per una chiusa superflua. Eppure tutto sembra essere sempre sotto controllo, magari non condivisibile, ma ad ogni modo interessante. E l'intreccio procede, lucidamente, tra sfoggi di crudezza, horror familiare e altri temi piuttosto prevedibili, valorizzati da un utilizzo intelligente dello spazio e delle luci.



Una impalcatura artigianale, a suo modo, che tutto sommato fa il bene del film. Decisamente più e meglio del precedente remake, anche grazie alla possibilità di sfruttare brutalità e disperazione. Niente di troppo originale, certo, ma con un paio di chicche con le quali tenere viva la tensione più che la paura. E dare solidità alla costruzione. E un tono - più che un ritmo - coerente con il risultato finale, convincentemente sostenuto dalla intrigante resa visiva.


Man in the Dark, in sala dall'8 settembre 2016, è distribuito da Warner Bros.