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L'ora più buia, l'altra faccia di Dunkirk - La nostra recensione

Gary Oldman dà una grande prova d'attore interpretando il Winston Churchill protagonista di un momento storico ultimamente sotto i riflettori.

01.12.2017 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Imprevedibile, incontrollabile, eccessivo, sregolato, indesiderabile: è imponente il Winston Churchill di Gary Oldman che Joe Wright (Espiazione, Anna Karenina) mette in scena nel suo L'ora più buia presentato al Festival di Torino. Una sorta di 'backstage' del Dunkirk raccontatoci da Christopher Nolan in tutta la sua magniloquenza, e del quale qui rivediamo le origini e le difficoltà. Soprattutto dell'allora controverso Primo Ministro britannico nel leggere lo spirito del suo popolo e restargli fedele, anche mentendo, in definitiva conquistandolo.



Compito arduo, meno di quello toccato all'attore londinese, che qui offre una prova per la quale i ben informati già gli assegnano il prossimo Oscar. Una scommessa vinta, a quanto pare, quella di affidare una figura tanto iconica a un volto altrettanto noto e capace di sovrastare la maschera indossata. Un problema evidente sin dalle prime scene, ma che la bravura dell'interprete e le scelte di regia e make up (duecento ore complessive, sull'intera durata della lavorazione, quelle necessarie al trucco di Oldman, pesante ma non opprimente) fanno dimenticare, via via che il personaggio cresce.

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E mentre Oldman diventa il suo Churchill, ne assume il modo di parlare e di muoversi, anche il film si trasforma. Dalle riprese iniziali dell'avanzata nazista e degli scontri nella Camera dei Lord - analogamente osservate dall'alto - all'entrata in scena del nostro protagonista. Inizialmente un burbero e sconcio "porcellino", vestito di rosa e amatissimo dalla moglie Clementine (una Kristin Scott Thomas fin troppo devota al suo ruolo e alla ragion di stato), temuto dal suo stesso Re e costantemente sull'orlo del baratro. Come la Gran Bretagna e l'Europa tutta, d'altronde.

Siamo di fronte a un crescendo, come è facile intuire. Una scoperta continua, che si sviluppa mentre la macchina da presa ruota intorno a lui, lo segue, per corridoi e stanze chiuse, alle quali regala dinamismo, improvvisamente aprendole, ritirandosi, discreta ma onnipresente e rivelatrice come i maggiordomi della miglior tradizione inglese. Un'attenzione e una fotografia che, forse non in maniera costante e col sufficiente equilibrio, ci accompagnano 'in sicurezza' fino alla fine. Alternandosi con lo spettacolo messo in scena.



Che in alcuni momenti toglie tensione alla drammaticità della vicenda, alleggerendola, ma che umanizzando il soggetto osservato finisce con il trascinarci nel cuore del suo dilemma. E sono questi i momenti più coinvolgenti, nonostante si stia delineando uno dei momenti più importanti nella Storia Moderna e del nostro continente: Quando lo vediamo ipnotizzato davanti alla luce rossa della messa in onda della BBC, che dà il via simbolicamente alla svolta successiva, o nel suo ultimo incontro con il Re Giorgio VI, finalmente al suo fianco, ma soprattutto nel bagno di folla finale, nel viaggio verso Westminster sulla District Line, apprezzatissima e toccante licenza in un impianto che per il resto predilige una certa teatralità.

L'ora più buia, in sala dal 18 gennaio 2018, è distribuito da Universal Pictures.