NOTIZIE

Le nostre battaglie, la recensione dell'opera seconda di Guillaume Senez

Un padre, due figli, una madre che li abbandona e la difficoltà del lavoro. Una storia forte e reale

Duris

12.02.2019 - Autore: Gian Luca Pisacane
Le nostre battaglie In guerra. Il cinema francese scatta l’istantanea del nostro tempo: disoccupazione, licenziamenti, fragilità famigliare. Si esprime con il gergo militare, quello che riguarda la lotta sul campo, i fucili, il conflitto. Ogni giorno portato a termine è un metro di terra guadagnato. In guerra di Stéphane Brizé era un selvaggio ritratto contemporaneo, la storia di un’azienda che chiudeva, degli operai lasciati a casa. Si rispondeva scendendo in piazza, con la protesta verso i padroni, verso il sistema. Con campi e controcampi netti, degni di un war movie. Dalla guerra aperta, oggi si arriva alle nostre battaglie, vicenda di un padre sfruttato dalle multinazionali per un salario misero.

Ma qui il “nemico” non è solo il lavoro: la moglie da un giorno all’altro lo lascia solo, sparisce nel nulla. Nessun elemento da thriller, si è stufata della precarietà della sua esistenza. Così la battaglia diventa quella contro la solitudine, serve la forza per affrontare l’abbandono. Con i bambini che devono scoprirsi grandi fin troppo in fretta, le responsabilità che stritolano i sentimenti.

Leggi anche: Il miglior modo per non far tardi a lavoro 



Esempio di un cinema militante, schierato dalla parte di chi si spezza la schiena, con un occhio al Kitchen Sink inglese e a Ken Loach. Sindacati in prima linea, figli in secondo piano: manca il tempo per vivere da esseri umani.

Le nostre battaglie racconta le ore che scorrono inesorabili, lo spazio che si restringe non solo in senso metaforico. Il regista Guillaume Senez costruisce una gabbia, come nella sua opera prima Keeper. I suoi protagonisti sono prigionieri: in Keeper, Mélanie non riusciva a scrollarsi di dosso l’etichetta di “ragazza madre”, mentre Maxime era “vittima” dei suoi sogni. Allo stesso modo Olivier è un “condannato”, recluso tra la fabbrica e la camera dei suoi piccoli.



Il film è un dialogo intimista di un uomo con la propria coscienza, una riflessione morale (l’editoria al collasso di Assayas ne Il gioco delle coppie) sui drammi della nostra epoca, dove non si può reagire con la violenza, dove solo gesti estremi vengono ascoltati. E così si torna a ragionare sugli eccessi, quelli a cui era costretto “l’eroe” di In guerra per arrivare a un dialogo, quelli che il padre interpretato da Romain Duris deve evitare.

Le nostre battaglie è la fotografia di un dolore represso, una geometria di sguardi che sembra quella del naufrago alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi. Mentre ad affogare ci sono ancora un fratello e una sorella, che si chiedono che fine abbia fatto la mamma… Tutto questo nel silenzio del privato, che assorda più di un megafono durante un corteo. Premio del pubblico e premio Cipputi al Torino Film Festival.

Il film uscirà nelle sale il 7 febbraio distribuito da Parthénos.