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La recensione di Searching, il film della settimana è un thriller sperimentale, coraggioso e pieno di idee

Lo schermo di un computer è il vero protagonista. Le relazioni umane e la scomparsa di una figlia vissute attraverso un monitor

John Cho

16.10.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Barra degli strumenti, cestino, icone, pannello di controllo: sono parole che richiamano il desktop di un computer. Invece siamo al cinema, in quelli che si chiamano ScreenLife movie. Il monitor di un pc si fonde con il grande schermo, in un film sperimentale, coraggioso, pieno di idee. Searching ci proietta in una “realtà virtuale”. La macchina da presa diventa un tutt’uno con un portatile. La vita è costantemente ripresa, archiviata nei meandri di una memoria interna o esterna. Tutto è documentato, tutto è rintracciabile.

La tecnologia si è impadronita delle nostre esistenze. I primi successi dei figli sono salvati nella galleria delle “immagini”, l’elenco delle medicine è in “documenti”, il programma della settimana è scritto su una tabella Excel. Le amicizie si sviluppano attraverso i social, si mettono i propri sentimenti in rete per alleviare la solitudine.



In Searching un padre abita con la propria figlia, ma non la conosce. I loro rapporti si sviluppano attraverso chat, chiamate su Face Time. Difficile cenare insieme, impossibile condividere qualche attimo di tenerezza. Fino a quando arriva l’incubo: la scomparsa, forse una fuga o un rapimento. La struttura è quella di Gone Girl – L’amore bugiardo, ma costruita attraverso video e testi. Il progredire delle indagini lo scopriamo attraverso i servizi dei telegiornali, i tentativi di aiutare la polizia da parte di un genitore disperato finiscono su Youtube. Non esiste privacy, chiunque può commentare le vite degli altri, spiarle come un voyeur, giudicare ogni azione comportandosi come un “leone da tastiera”.

Sembra una dimensione parallela, i cui effetti si ripercuotono sul quotidiano, come in Nightmare, dove Freddie Krueger massacrava le sue vittime nei sogni. Qualche programmatore direbbe che abbiamo “embeddato” (caricato su un sito web) le nostre giornate. Così la settima arte si adegua, reagisce, e cambia nello stile, nel linguaggio.



Forse tra i pilastri di questa avanguardia c’è stato Open Windows, per poi arrivare all'horror Unfriended (cronaca di un massacro via social, attraverso Facebook). Oggi Searching lancia una provocazione, cambia le regole. I colpi di scena passano da un click, da un puntino su Google Maps o una nuova pagina web. Le emozioni hanno lasciato il passo ai pixel, all’alta risoluzione di un laptop o di un fisso.

Gli affari di famiglia si risolvono su internet, i lutti (come quello della madre che muore di cancro) si metabolizzano facendo una diretta online. Ma Searching non vuole puntare il dito contro nessuno, utilizza i nuovi mezzi per narrare una vicenda al cardiopalma. Il montaggio è iperveloce, in alcuni passaggi non lascia il tempo per respirare. La tensione nasce dalle mille telefonate, dalle ricerche spasmodiche su Google. Il ritmo frenetico è quello della nostra società, che non si può più fermare, e trasmette la sua adrenalina anche nel buio di una sala cinematografica.

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Searching, in uscita dal 18 ottobre, è distribuito da Warner Bros.