"Quando è cambiato tutto?" si chiede Stefano Accorsi in una delle scene più inattese del nuovo film di Ferzan Ozpetek. L'incredulità di fronte alla fine di una relazione, all'incapacità di riconoscere se stessi e l'altro, è qualcosa che molti conoscono. Ed è qualcosa che il protagonista di La Dea Fortuna si trova a dover affrontare insieme al suo compagno, interpretato da Edoardo Leo, in un momento particolarmente drammatico della storia che il regista di origine turca ha voluto offrire al suo pubblico. Prendendo spunto dalla propria vita, da una esperienza personale portata sullo schermo con una carica emotiva che da tempo mancava ai suoi film.
L'ambientazione è quella più familiare, in tutti i sensi. Per il dedalo di saloni e corridoi nei quali veniamo accompagnati nell'inquietante prologo, per la presentazione dell'ennesima famiglia allargata del suo cinema, riunita in terrazza per un pranzo festoso, per la dimestichezza e la consuetudine che si può avere con certi elementi ricorrenti nei suoi film. Eppure, più che in altre occasioni - sicuramente le ultime, troppo lontane da sé nonostante le intenzioni - stavolta sembra di esser tornati a parlare con il Ferzan migliore. Quello più vero. Merito di una scrittura più sincera e coraggiosa, dello spunto tanto sentito, e forse anche della stessa Dea: una Fortuna intesa nel senso classico di 'caso', né buona né cattiva, semplicemente pronta ad intervenire e stravolgere ogni routine.
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In questo caso quella sentimentale dei due attori, nel film Arturo e Alessandro, ma anche quella dell'inquieta Annamaria (Jasmine Trinca), elemento di svolta che trasforma una situazione sclerotizzata e innesca lo sviluppo successivo degli eventi. Forse molto tipici, più che archetipici, anche prevedibili, eppure piacevolmente consolatori. Nella gioia come nella sofferenza, ovviamente, ché ogni bilancio può avere esiti di segno molto diverso. Una incertezza, una possibilità, figlia della grande libertà con cui stavolta Ozpetek ha voluto raccontare il suo privato, senza trattenersi, senza nascondersi, eppure senza andare troppo sopra le righe, senza far scadere il suo affresco nella macchietta… a parte le scene del ballo di gruppo e della Barbara Alberti consigliata al regista dall'amica Mina.
Dramma e commedia, divertimento e commozione si mescolano insomma, come sempre, ma stavolta a comandare sono le emozioni. Quelle cui si è affidato il regista e sulle quali hanno fortemente investito gli interpreti, a loro dire coinvolti come poche altre volte. E tutto sommato convincenti, misurati e ben diretti più di altre volte. Qualcuno potrebbe trovare stucchevole o didascalica la funzione dei due giovanissimi interpreti (egualmente bravi, pur nelle loro differenze, forse anche troppo nel caso della piccola Sara Ciocca) o l'insistere sull'universalità di certe crisi e rapporti, senza distinzione di genere, inclinazione o classe, ma a emergere dal quadro complessivo sono altri 'inviti'.
A non abbandonarsi ai rimpianti e a non farsi frenare dalla paura, dalla tristezza o dalla consuetudine. A trovare il coraggio di ricrearsi, e rinnovare quel che a volte sembra inevitabile - certo più semplice - lasciar finire, o morire. A rompere l'inerzia che ci abitua a lamentarci dell'avversa fortuna, presuntuosamente convinti che ci siano forze superiori a noi disposte a curarsi dei nostri casi. Magari tornando a credere nella capacità di ciascuno di determinare il proprio fato.
La Dea Fortuna, in sala dal 19 dicembre 2019, è distribuito da Warner Bros. Italia.
L'ambientazione è quella più familiare, in tutti i sensi. Per il dedalo di saloni e corridoi nei quali veniamo accompagnati nell'inquietante prologo, per la presentazione dell'ennesima famiglia allargata del suo cinema, riunita in terrazza per un pranzo festoso, per la dimestichezza e la consuetudine che si può avere con certi elementi ricorrenti nei suoi film. Eppure, più che in altre occasioni - sicuramente le ultime, troppo lontane da sé nonostante le intenzioni - stavolta sembra di esser tornati a parlare con il Ferzan migliore. Quello più vero. Merito di una scrittura più sincera e coraggiosa, dello spunto tanto sentito, e forse anche della stessa Dea: una Fortuna intesa nel senso classico di 'caso', né buona né cattiva, semplicemente pronta ad intervenire e stravolgere ogni routine.
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In questo caso quella sentimentale dei due attori, nel film Arturo e Alessandro, ma anche quella dell'inquieta Annamaria (Jasmine Trinca), elemento di svolta che trasforma una situazione sclerotizzata e innesca lo sviluppo successivo degli eventi. Forse molto tipici, più che archetipici, anche prevedibili, eppure piacevolmente consolatori. Nella gioia come nella sofferenza, ovviamente, ché ogni bilancio può avere esiti di segno molto diverso. Una incertezza, una possibilità, figlia della grande libertà con cui stavolta Ozpetek ha voluto raccontare il suo privato, senza trattenersi, senza nascondersi, eppure senza andare troppo sopra le righe, senza far scadere il suo affresco nella macchietta… a parte le scene del ballo di gruppo e della Barbara Alberti consigliata al regista dall'amica Mina.
Dramma e commedia, divertimento e commozione si mescolano insomma, come sempre, ma stavolta a comandare sono le emozioni. Quelle cui si è affidato il regista e sulle quali hanno fortemente investito gli interpreti, a loro dire coinvolti come poche altre volte. E tutto sommato convincenti, misurati e ben diretti più di altre volte. Qualcuno potrebbe trovare stucchevole o didascalica la funzione dei due giovanissimi interpreti (egualmente bravi, pur nelle loro differenze, forse anche troppo nel caso della piccola Sara Ciocca) o l'insistere sull'universalità di certe crisi e rapporti, senza distinzione di genere, inclinazione o classe, ma a emergere dal quadro complessivo sono altri 'inviti'.
A non abbandonarsi ai rimpianti e a non farsi frenare dalla paura, dalla tristezza o dalla consuetudine. A trovare il coraggio di ricrearsi, e rinnovare quel che a volte sembra inevitabile - certo più semplice - lasciar finire, o morire. A rompere l'inerzia che ci abitua a lamentarci dell'avversa fortuna, presuntuosamente convinti che ci siano forze superiori a noi disposte a curarsi dei nostri casi. Magari tornando a credere nella capacità di ciascuno di determinare il proprio fato.
La Dea Fortuna, in sala dal 19 dicembre 2019, è distribuito da Warner Bros. Italia.