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Storie pazzesche; l’orrore del quotidiano nella commedia argentina candidata agli ultimi Oscar

Storie Pazzesche

Storie Pazzesche

10.12.2014 - Autore: Alessia Laudati
Un compendio di cattiveria e riscatto scuote la tranquilla cittadina valdostana. E non si tratta di nessuno scandalo politico-mafioso che attinge alla cronaca recente del paese, ma di una commedia, l’anno scorso in corsa per l’Oscar come migliore film straniero, che in sei brevi episodi racconta storie nerissime di vendette quotidiane e crisi d’isteria. 
 
Nell'opera nera dell’argentino Damián Szifron non c’è posto per il dramma, perché i protagonisti di Storie pazzesche non hanno l'aspirazione dell’epica e quando si tratta di rispondere con dolorosa rassegnazione al torto subito, essi scelgono un’insolita violenza. Da qui, dal continuo rovesciamento del ruolo di vittima e carnefice in uno spazio di breve quanto la durata di ciascun episodio, c’è la forza di un film travolgente, ritmico e immensamente liberatorio. Un meccanismo rocambolesco che sceglie la discontinuità temporale e spaziale a vantaggio del cinema di genere. Luoghi ameni, assenza di autorità e decontestualizzazione; la mancanza di appigli narrativi rende il paradosso libero di esercitarsi senza vincoli. 
 
Storie pazzesche non si accontenta però dell’emozione generatasi dalla rapida soddisfazione dello scoppio di nervi sullo schermo. É l'equilibrio di dramma e commedia, il crescendo di realtà e situazioni allucinatorie a suggerire la maestria di una pellicola potente che ricorda, specialmente nell’effetto confusione prodotto dalla velocità dell’humor e dell’azione, il migliore, ironico e chiaroscurale Pedro Almodóvar
 
Impossibile poi, vedendo le crisi nervose di Ricardo Darín, ingegnere perseguitato da una giustizia scorretta e opprimente, unico volto noto al grande pubblico in una girandola di caratteristi sudamericani, smettere di desiderare di calarsi nella forza distruttiva, divertente e grottesca che i personaggi esercitano in Storie Pazzesche. E forse, nella cornice notturna di Courmayeur, il brivido in più e prodotto da una sorta di rapido e vergognoso sentimento di invidia per la capacità dei personaggi di rompere ogni schema dettato da ipocrisia e conformismo. 
 
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