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Hold The Dark, la recensione del nuovo film di Jeremy Saulnier

L'oscurità, la neve, il ghiaccio, l'uomo che diventa una bestia. Spiritualità e violenza, ai confini del mondo

Hold the Dark

04.10.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Keelut: un paesino dell’Alaska perso in mezzo ai ghiacci. E non solo. Nella mitologia Inuit, è un cane senza peli, una bestia primitiva che cancella le sue tracce. Non lascia scampo alle sue prede, è un presagio di morte. Indica l’avvicinarsi della fine, l’apocalisse che incombe sulla comunità. Forse gli abitanti di Keelut hanno scelto quel nome per esorcizzare il terrore, per immergersi nella notte senza averne timore.

Hold The Dark, recita il titolo. “Trattenere l’oscurità”, affrontarla, senza mai scendere a compromessi. Il rapimento di un bambino scuote Keelut, forse sono stati gli animali, forse la rabbia degli uomini. Il dolore di una madre, la disperazione di una famiglia. Tutto intorno è silenzio. Si sente solo il rumore del vento fra gli alberi, gli ululati degli animali. La neve è ovunque, regna la solitudine.



I sentimenti sembrano essersi spenti, le persone hanno perso la pietà, sono diventate bestie. I lupi divorano il più giovane del branco quando hanno fame, per ristabilire l’equilibrio, evitare scontri. “Quando si uccide un bambino, muore il nostro futuro”, dice un disperato in lacrime. Quando si smette di amare, di ragionare, si torna a essere creature selvagge. La natura fa il suo corso, risveglia gli istinti primordiali. Tutto è violenza in Hold The Dark. Il sangue esplode, le dispute si risolvono con la pistola. Anche voler bene significa prevaricazione, odio per il proprio corpo.

La storia inizia come un western, con un vecchio “cowboy” in pensione pronto a sacrificarsi per il bene comune. Ma poi arriva l’orrore, il thriller con sfumature sovrannaturali. La spiritualità è qualcosa di brutale, la comunione con l’universo non completa, ma distrugge. L’America viene descritta come il Paese degli ultimi, dove le istituzioni non hanno il controllo. A spaccare a metà il film c’è una lunga sparatoria, un massacro dall’esito imprevedibile.



L’Alaska è una terra di frontiera, l’ultimo avamposto prima della fine del mondo conosciuto. Chi vive in quei luoghi perde se stesso, si scopre un barbaro, come ne I segreti di Wind River di Taylor Sheridan. Storie di cacciatori e prede, di assassini e vittime. È una guerra: lo Stato genera i suoi mostri, alimentando conflitti, dando la possibilità a tutti di avere un fucile. È l’America che ha paura della sua stessa anima.

Hold The Dark, Blue Ruin, Green Room. Nero, blu, verde. È la trilogia dei colori del regista Jeremy Saulnier, che realizza la sua opera più matura e affascinante. Non è più tempo per l’umorismo di Murder Party, una sua cifra stilistica ormai consolidata. Qui le carneficine lasciano il posto agli spettri venuti dal passato, ai sensi di colpa. L’atmosfera è gelida, i panorami mozzafiato. La bellezza si scontra con il delirio di onnipotenza di chi si sente fuori dalle regole. A pagare, come sempre i più deboli, gli innocenti, schiacciati dalla follia di una società di maschere.

Hold the Dark è attualmente disponibile su Netflix. Qui il trailer.

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