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Don Jon - da Toronto, Gordon-Levitt, il sesso e le donne

L'esordio da regista e sceneggiatore dell'attore di Looper e Lincoln diverte anche grazie a una radiosa e sexy Scarlett Johansson, anche se...

La recensione di Don Jon<br>

06.09.2013 - Autore: Mattia Pasquini da Toronto
Lincoln, Looper e le tante aspettative dopo il suo 'Robin' ne Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno, Joseph Gordon-Levitt con Don Jon ci si offre anche come regista, e sceneggiatore.
Un doppio esordio (escludendo qualche prova precedente in cortometraggi, Sparks del 2009 su tutti) molto atteso, e con una disposizione positiva.

E il primo impatto e' forte, ritmato, divertente. Colpisce. Intrattiene e Coinvolge. Sin dai titoli di testa, un montaggio colorato e lampeggiante di stralci televisivi, Bmovie, cartoons che ci piomba direttamente nel mondo di Jon Martello, il protagonista interpretato dal poliedrico Gordon-Levitt.

Siamo lontani dal drammatico e doloroso Shame, ma e' solo un altro modo di raccontare la dipendenza dal porno e l'isolamento - qui piu' solo sentimentale - contemporanei.
Apparentemente con piu' superficialita' e leggerezza, che il 'Don Jon' del titolo e' un ragazzo soddisfatto di se', del proprio lavoro, delle proprie amicizie, (forse meno) della propria famiglia, ma soprattutto del 'suo Porno'.

Una parte della propria vita, che per buoni due terzi del film, campeggia prepotente ed esaltato sullo schermo, anche se con proporzioni diverse.
E le proporzioni si dice che contino…

La presenza in scena di Scarlett Johansson (per la quale il ruolo era stato scritto ancora prima di invitarla a partecipare al progetto) di fatto e' l'elemento che cambia il film, che quanto meno gli da' corpo, permettendo a Gordon-Levitt di sviluppare una dinamica anche divertente innestata sul tema di fondo.
Non solo sesso, insomma, ma relazioni. E lo 'scontro' tra le ossessioni di lui e quelle di lei (particolarmente caricaturali, ma funzionanti) ha esiti inattesi.
O forse no.

Il finale infatti e' piuttosto prevedibile nella sostanza, ma a fronte di gag divertenti (i camei di Anne Hathaway, Channing Tatum e Cuba Gooding Jr. sono tanto brevi quanto geniali) e trovate di sceneggiatura e regia particolari - spesso giocate sulla ridondanza, l'ammiccamento e la ripetizione - perde di equilibrio nel ritmo e, con una accelerazione che rischia di vanificare quanto di buono visto in precedenza, raccoglie i frutti della maturazione del protagonista. Purtroppo con una vena di moralismo eccessiva.