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Cineporno: Queen Kong, la recensione del corto hard al femminile con Valentina Nappi

Tra manifesto politico e tono thriller il cortometraggio appare decisamente di rottura

Queen Kong di Monica Stambrini

Queen Kong di Monica Stambrini

12.07.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Le ragazze del porno, progetto made in Italy nato nel 2012 dall'idea di un collettivo di registe donne decise a realizzare porno d’autore al femminile, ha dato alla luce uno dei suoi primi lavori: il cortometraggio Queen Kong diretto da Monica Stambrini. 18 minuti di durata complessivi, presentati in anteprima a Roma all'interno della rassegna Pesaro Film Fest 2016, che all’Italian Porn ha dedicato una sezione a parte. 

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Diciamolo subito, Queen Kong, visivamente e politicamente, perché di politica e potere è opportuno parlare visto che il sesso è ancora campo di battaglia tra stereotipi tradizionali e altri che invece sono aggiornati alla realtà e lottano per emergere, è qualcosa di davvero diverso.



La forza del corto credo stia sia nell'originalità dei temi trattati sia nello stile, tanto che in parte risulta essere lavoro paradossalmente quasi disturbante nella sua novità. Non è infatti un porno nel significato mainstream del termine. E questo senza avventurarci qui in una discussione su cosa può entrare o no nella definizione di cinema hard. Però Queen Kong ha una trama, un immaginario, delle domande da porre e lo fa in maniera assolutamente inedita nel panorama della nostra cinematografia. Basti pensare che la pornostar Valentina Nappi, una professionista che di solito usa il proprio corpo in versione nuda e cruda per eccitare, viene qui trasfigurata totalmente e con l’aiuto di trucco e protesi la vediamo interpretare una creatura magica come il satiro.

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Non è solo questo il punto. Il fatto centrale è che Queen Kong ci dice delle cose sul desiderio femminile e in più ce le mostra in un'ambientazione fantastica, un dato, il secondo, che suggerisce quasi come il tema - vista la sovversività del suo contenuto - abbia bisogno di un umore ‘altro’ rispetto a quello realistico per esprimersi con credibilità. In aggiunta, lo fa con una chiarezza tale da essere quasi manifesto estetico e politico, piuttosto che esercizio di pura bravura registica. Perché per prima cosa la bestia protagonista di Queen Kong alias Valentina Nappi, ha un desiderio incontrollato, istintivo, animale, quasi quanto quello che lo stereotipo del cinema porno attribuisce al maschio di turno, e poi perché anatomicamente, visivamente, esso ci mostra senza pudori una delle sedi del piacere femminile usando proprio una metafora fallocentrica per individuarlo e poi spiegarlo alle masse.

E quindi, tra intento quasi didattico, insegnare cioè agli spettatori un altro modo di concepire la sessualità femminile senza fraintendimenti, e uno stile che tiene per forza conto dell'estetica, la Stambrini riesce a realizzare un prodotto sicuramente di rottura. Certo, l’eros un po’ soffre del registro esplicito; del resto i codici del cinema porno poco suggeriscono e tutto svelano, ma forse questo film ha il merito di gettare un masso, anzi un macigno, nel quieto stagno dei rapporti tra i sessi cercando di dire su di essi qualcosa di veramente rivoluzionario ed esteticamente riuscito. 
 
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