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Assolo – La nostra recensione

Laura Morante è ritratto di indulgenza oltre i 50 nella seconda opera da regista

Assolo 

08.01.2016 -
Dopo l’esordio in Ciliegine, l’attrice grossetana torna nel duplice ruolo di attrice e regista in Assolo. E se la prima prova era stata buona, la seconda è persino ottima. Perché Laura Morante esibisce questa volta un’idea molto precisa, originale e coraggiosa, sulla cosiddetta maturità femminile. Ovvero -  sembra dirci l’autrice - avere cinquant’anni, essere single, non vuol dire per forza vivere in un’era di immobilità, visto l’avvicinarsi della vecchiaia, ma piuttosto poter godere di un’occasione in più per migliorarsi e sfuggire in via definitiva a quegli stereotipi ammuffiti sulla condizione della donna nella modernità. In poche parole, riscoprire una maggiore libertà, una tolleranza pacifica con noi stessi, dopo dubbi, lacrime e qualche goccia di quieta rivoluzione perbenista.

E allora, quanta delicatezza, sicurezza e autoironia ci vogliono per prendersi in giro così - per lo più appartenendo a una categoria, quella del genere femminile, che in Italia non gode certo di ampia rappresentatività - ? Molta, e Laura Morante in Assolo trova il giusto equilibrio tra profondità di racconto, esercizio di commedia garbata e tono da opera capace di parlarci della femminilità, persino in maniera un po’ anticonformista.



“Mi piacciono le increspature nelle cose – dichiarava il cantautore Leonard Cohen – servono a far entrare la luce”. Ecco, Assolo è un film disseminato di pieghe sulla crosta della realtà. Quelle che l’autrice dissemina rispetto all’immaginario comune su una donna adulta, che tra sedute psicanalitiche, sessualità, incontri e maternità, con quello sguardo spaventato e insieme nevrotico ma mai patetico che caratterizza molte delle sue interpretazioni d’attrice, cerca una nuova se stessa. Assolo è allora un po’ il coming of age di Flavia (Laura Morante) – perché il cambiamento non può riguardare solamente la classe dei giovani adulti – e condotto a partire da una prima scena onirica e grottesca che ha come oggetto la propria morte figurata.

Dopo, è tutto un rincorrersi di crolli, tentativi, tic facciali e tremolii vocali, che l’attrice mette in scena con sapienza e originalità. E circondandosi inoltre di un coro di personaggi collaterali intensi, autentici e mai paradossali. Ne sono un esempio il collega sempliciotto Marco Giallini, la terapista Piera Degli Esposti e l’amica pazzoide Angela Finocchiaro. Certo, in Assolo ci sono molti spunti e in questo tenero girovagare della protagonista alla ricerca di sé, tutte le possibili divagazioni sul tema identità sembrano confluire in un grande epilogo conclusivo. Un ultimo capitolo che sembra prefigurarsi come quantomeno esistenziale. Assolo invece sceglie un finale in sospeso sull’ambiguità onirica che caratterizza molti dei passaggi narrativi del film. Su questo ci voleva forse più ardore; visto che di un'opera coraggiosa si tratta. Ma è il suo unico difetto. 

Assolo, ora nei cinema, è distribuito da Warner Bros. 
 
 
 
 
 
 
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