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Anacleto: agente segreto – La nostra recensione 

Una spy comedy iberica che gioca con alcune icone del passato e con il genere del coming of age
   

Anacleto: agente secreto

12.12.2015 - Autore: Alessia Laudati - (Nexta) - da Courmayeur
Non fatevi ingannare dall’azione, e nemmeno dai toni noir. Anacleto: agente segreto, la pellicola del giovane Javier Luiz Caldera, regista che in Spagna ha vinto l’appellativo ingombrante di “nuovo Amodovar”, sotto i toni prevalentemente comici è essenzialmente la storia di un rapporto padre figlio giunto ad un irriverente scontro di personalità. Tutto nasce da un noto fumetto iberico anni '60: Anacleto, scomparso da trent'anni nelle edicole e già di per sé ricco di tono parodistico nei confronti di miti come James Bond. Questo personaggio viene calato nel film in una realtà presente. C’è l’idea insomma, che il figlio di Anacleto, il neet Adolfo (Quim Gutiérrez), che rispecchia nella propria caratterizzazione molte atmosfere dell’indie americano, sia costretto a diventare grande dopo la scoperta che il padre (Imanol Arias), è nient’altro che una spia vecchio stampo. Dallo scontro di questi due mondi, praticamente all’antitesi, nasce l’azione del film, che è un concentrato di humor e attenta satira sociale. Perché a confrontarsi sono due generazioni e due mentalità.



Quella dei genitori, retta e consapevole, vagamente machista, e quella dei figli, apparentemente persa e meno capace di vedere il futuro come una linea per forza retta. Poteva nascerne un dramma, e invece c’è una commedia d’azione, colorata e a tratti kitsch che fa anche il verso al mondo della spy-story, pur rimanendo all’interno di quello specifico filone. E nelle atmosfere, che sono sempre ben equilibrate e mai eccessive, ci si ricorda di alcune spie poco convenzionali e cinematografiche.

Da Austin Powers, che la pellicola ricorda per l’immaginario fluo, retrò e strampalato, passando per il filone demenziale-esistenziale di Judd Apatow, con una breve ma intensa partecipazione dell'attrice cult Rossy de Palma. E poi c’è il ritmo, perché questo film corre velocissimo e affronta il rapporto tra il passato e il presente in maniera davvero astuta. Infatti è anche un buon esempio di coming of age, di trasformazione personale che dopo aver fatto i conti con i padri, culturali e simbolici, deve trovare la propria strada. Tutto fatto molto bene e attraverso un equilibrio di generi davvero riuscito. 
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