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Top Five: gli anni ottanta in TV!

Ricordate con nostalgia le serie TV dei mitici anni '80? Questo weekend vi precipiterete al cinema per gustarvi "A-Team"? Allora questa Top Five fa al caso vostro...

Hazzard

18.06.2010 - Autore: Marco Triolo
Arriva sugli schermi italiani “A-Team”, ennesima trasposizione cinematografica di un classico televisivo. Abbiamo già visto “Hazzard”, “Starsky & Hutch” e “Miami Vice”. Che cos’ha questo film che lo renderà diverso? Beh, tanto per cominciare il fatto che per una volta sembra che il tono sia stato veramente azzeccato: il cast – Liam Neeson, Sharlto Copley, Bradley Cooper e Quinton Jackson – è in parte e il film lascia trasparire quella esatta commistione di azione e commedia che rendeva grande la serie TV originale, nonché tutte le migliori serie action anni ’80. In occasione, dunque, dell’uscita del film di Joe Carnahan, vogliamo celebrare ripescando cinque delle migliori serie televisive d’azione prodotte in quel prolifico decennio. Ci scuserete se escluderemo titoli come “Chips” – perché le tre stagioni migliori sono andate in onda negli anni ’70 – e “MacGyver”, ma lo spazio è ovviamente tiranno e c’è davvero, davvero troppa roba. Via che si va!

Hazzard

5. “Hazzard” (1979-1985)
Inseguimenti adrenalinici, trame ridotte all’osso e personaggi memorabili sono i tre ingredienti che hanno reso grande “The Dukes of Hazzard, serie creata da Gy Waldron e andata in onda in USA dal 1979 al 1985. John Schneider (poi in "Smallville") e Tom Wopat interpretavano la coppia di scapestrati ma onesti fratelli Bo e Luke Duke, sempre ai ferri corti col temibile Boss Hogg (Sorrell Booke) e col suo scagnozzo, il tontissimo sceriffo Rosco P. Coltrane (James Best), che tentavano in ogni episodio di incolparli di crimini da loro non commessi. Accanto a loro, c’erano gli immancabili Zio Jesse (Denver Pyle) e la cugina Daisy Duke (Catherine Bach), più uno stuolo di comprimari irresistibili. Come spesso accadeva all’epoca, le puntate erano tutte basate su un canovaccio invariabile: ma la simpatia dei personaggi e delle situazioni rendeva la pillola incredibilmente digeribile ogni volta.
Il mezzo: Bo e Luke guidavano il mai dimenticato Generale Lee, una Dodger Charter customizzata, con le portiere saldate e il numero “01” sulla fiancata. Il terzo protagonista della serie!

Magnum P.I.

4. “Magnum P.I.” (1980-1988)
Il baffo, il maggiordomo rompiscatole Higgins, il misterioso padrone di casa Robin Masters, l’ambientazione alle Hawaii. E lui, Thomas Magnum, investigatore privato che porta giustizia a bordo della sua fiammante Ferrari. Tom Selleck divenne immortale – insieme ai baffi che in seguito raramente si tagliò – grazie a questo ruolo, anche se più o meno nello stesso periodo gli venne offerta un’altra parte che rifiutò, finendo per mangiarsi per sempre le mani: quella di "Indiana Jones". Meglio così: il destino si è riequilibrato e Selleck ci ha donato uno dei più riusciti investigatori privati della TV, ironico, sbruffone, ma in definitiva abilissimo nel suo lavoro. La serie fu creata da Glen A. Larson e dalla mente dietro a tantissime serie culto, Donald P. Bellisario.
Il mezzo:
una Ferrari 308 GTS, che accompagna Magnum fedelmente per otto stagioni, contribuendo a renderlo immediatamente riconoscibile nella memoria collettiva.

Supercar

3. “Supercar” (1982-1986)
Creato ancora una volta da Glen A. Larson, “Knight Rider”, da noi noto col semplice ma azzeccato titolo “Supercar”, fu una delle serie di maggior successo in Italia, e viene replicata ancora oggi. Il rapporto di strana amicizia che si instaura tra il pilota Michael Knight (David Hasselhoff) e l’intelligenza artificiale Kitt, che comanda la “supercar” del titolo, è il cuore delle quattro stagioni che compongono la serie. Rivisto oggi, “Supercar” è uno show che spesso fa sorridere per una certa ingenuità delle sceneggiature e per la grafica computerizzata datata, che toglie un po’ di quell’alone high-tech necessario per vendere l’idea dell’intelligenza artificiale all’avanguardia. Alla faccia dello sfoggio di tecnologia, spesso Kitt si limitava a stendere i cattivi aprendo la portiera! Però, chi da piccolo non ha sognato di possedere quella trasmittente da polso con cui Michael chiamava in soccorso il suo bolide? Oppure ancora chi non attendeva fremente che Michael pigiasse il pulsante “Turbo Boost” per saltare una fila di auto e sfuggire agli inseguitori beffandoli? La sigla, poi, è tra le più amate e citate, ancora oggi attualissima.
Il mezzo: Michael guida una Pontiac Trans Am nera, con il cursore rosso che è un po’ il simbolo della serie. Ripensandoci, gli anni ’80 sembrano caratterizzati da uno sfrenato feticismo per le auto in TV!

A-Team

2. “A-Team” (1983-1986)
Se stiamo qui a scrivere questo pezzo lo dobbiamo anche e soprattutto all’A-Team, la squadra di mercenari dal cuore tenero che è talmente amata da aver generato il film prodotto da Ridley Scott (clìccate qui per leggere la nostra recensione). La serie fu creata da Frank Lupo e Stephen J. Cannell, e si fregia di uno dei cast più affiatati di sempre, composto da George Peppard (Hannibal Smith), Dirk Benedict (Templeton “Sberla” Peck), Mr. T (B.A. Baracus) e Dwight Schultz (Howling Mad Murdock). Quattro cavalieri che dispensano giustizia a suon di mitragliate e piani machiavellici, senza mai versare una sola goccia di sangue! Anche qui, le trame erano sempre uguali, un’infinita reiterazione de “I sette samurai”: ci sono le vittime di un gangster o uomo di affari senza scrupoli che chiedono l’aiuto dell’A-Team, un gruppo di reduci del Vietnam accusati ingiustamente di crimini di guerra e costretti alla macchia. I quattro giungono sul posto, gettano il guanto della sfida ai cattivi e poi li torturano per una mezzora a forza di travestimenti, sotterfugi e piccole rivalse, finché non vengono imprigionati – guarda caso in un qualche magazzino stracolmo di ogni ben di dio – e, saldatori alla mano, bardano il loro furgone per poi tornare alla carica. “A-Team” era una serie iper-spettacolare, caratterizzata da stunt complessi e meticolosamente studiati, ma alla fin fine a contare di più era l’elemento di commedia e l’alchimia tra quattro protagonisti indimenticabili.
Il mezzo: il furgone modello GMC Vandura è così insostituibile nell’economia della serie, da essere stato recuperato senza modifiche anche per il film. Un bravo a Joe Carnahan e alla Fox per la scelta.

Miami Vice

1. “Miami Vice” (1984-1989)
C’è Michael Mann (anche se in realtà la serie fu creata da Anthony Yerkovich) dietro a quello che è forse lo show più rappresentativo, e sicuramente quello di maggior successo degli anni ’80. Stiamo naturalmente parlando di “Miami Vice”, la saga con protagonisti i due sbirri sotto copertura Sonny Crockett e Rico Tubbs (Don Johnson e Philip Michael Thomas), sempre a caccia di spacciatori e papponi nella corrotta Miami. Il telefilm è entrato nella storia non tanto per i suoi plot memorabili, quanto per lo stile visivo imposto da Mann: si vocifera che Brandon Tartikoff, capo della Entertainment Division della NBC, avesse scritto un memo che diceva semplicemente “MTV Cops”. Ovvero, l’intento – riuscito – era quello di creare la prima serie poliziesca per la generazione cresciuta con i colorati videoclip di MTV. Da questo le precise scelte di fotografia (era d’obbligo evitare colori di terra come il rosso e il marrone), e il look sfarzoso e arrogante di abiti e ambienti. Abbondante, inoltre, l’utilizzo di brani che andavano forte in radio: nella colonna sonora di “Miami Vice” si sono avvicendati gruppi come Devo, Meat Loaf, Bryan Adams, Tina Turner, Peter Gabriel, Depeche Mode, Iron Maiden, U2, Frankie Goes to Hollywood, The Police e Billy Idol.
I mezzi:
tanti, eleganti, eccessivi. Crockett guidava una Ferrari Daytona Spyder 365 GTS/4 del 1972, Tubbs una Cadillac Coupe de Ville Convertible del 1964. I due spesso guidano anche motoscafi di lusso: lo sfoggio di tutta questa ricchezza è giustificato con l’assunto di base del telefilm, ovvero che tutto ciò che viene confiscato ai signori della droga può essere utilizzato dalla polizia in via ufficiale.

Prima di concludere, non poteva mancare la serie peggiore…

Hardcastle & McCormick

“Hardcastle & McCormick” (1983-1986)
La coppa va in questo caso a “Hardcastle & McCormick”, non tanto perché sia la serie più brutta in assoluto (è stato fatto ben di peggio), quanto perché nella sezione “Detective privati a quattro ruote”, la suddetta, creata da Stephen J. Cannell e Patrick Hasburgh, colpisce per la noia che emana copiosa da ogni episodio. La premessa è una scusa per una serie interminabile di inseguimenti: c’è il giudice in pensione Milton C. Hardcastle (Brian Keith) che decide di mettere su una piccola impresa per dare la caccia a tutti quei criminali che sfuggono alla giustizia grazie a cavilli legali. Il suo braccio destro è l’ex ladro di auto Mark McCormick (Daniel Hugh Kelly), che guida un prototipo super-cool. Fin qui tutto nella norma, se non che il prototipo si chiama Coyote X. Esatto, Coyote X! E’ impossibile anche solo provare a misurare il grado di tamarraggine sprigionato da questo nome.
Il mezzo: per i più tecnici, diciamo che l’auto fu basata prima sulla McLaren M6BGT e in seguito sulla De Lorean DMC-12. Ecco, se proprio dovete guardare una De Lorean in azione, consigliamo sempre “Ritorno al futuro”.

La vignetta di Marco Triolo: "Con A-Team gli anni '80 ritornano al cinema"

La vignetta di Marco Triolo - Con A-Team gli anni '80 ritornano al cinema

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