Presentato in concorso al 52º Festival di Cannes, dove venne premiato per la miglior regia, Tutto su mia madre (1999) è sicuramente uno dei film che ha reso unica la carriera di Pedro Almodóvar. Una delle migliori storie del regista manchego, qui sostenuto da un cast di donne meravigliose e ispirate - Cecilia Roth, Marisa Paredes, Candela Peña, Antonia San Juan, Penélope Cruz - e dai loro personaggi forti e ricchi di umanità, accanitamente aggrappati alla vita e pronti a celebrarla comunque sia.
Il film. Manuela (Cecilia Roth) perde in un incidente stradale il figlio diciassettenne Esteban: era il giorno del compleanno del ragazzo e insieme erano andati a teatro a vedere "Un tram chiamato desiderio" interpretato dalla nota attrice Huma Rojo (Marisa Paredes). Sconvolta dal dolore, Manuela decide di tornare da Madrid a Barcellona per rintracciare il padre del figlio, anche lui di nome Esteban, un travestito che non vede da diciotto anni e che ora si fa chiamare Lola...
Dietro le quinte. "A Bette Davis, Gena Rowlands, Romy Schneider… A tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri. A mia madre", con questa dedica si chiude il film, ma questa dichiarazione/omaggio si affianca alle tante citazioni presenti. A partire dal titolo originale che cita il All about Eve (Eva contro Eva) del 1950 - che per altro Manuela ed Esteban stanno guardando in tv all'inizio del film - o la presenza di molti autori menzionati, tutti notoriamente gay, come Truman Capote, Tennesse Williams e Federico García-Lorca. Proprio Manuela, per altro, era un personaggioche inizialmente avevamo visto apparire già in Il fiore del mio segreto.
Perché vederlo. Dopo lo zoppicante Carne tremula del 1997, è da questo splendido film - e con i successivi Parla con lei (2002), La mala educación (2004) e Volver (2006) - che si sviluppa il suo decennio più melò. Una fase della sua vita nella quale si approfondisce il rapporto con la figura femminile (non una novità per Almodovar) e nel quale l'esplorazione delle proprie radici, familiari ed esistenziali, assume una valenza quasi catartica. Un film di donne, principalmente, per quanto tutto ruoti intorno alla presenza assenza di alcuni uomini (tutti di nome Estban). Donne protagoniste di grandi gesti, di grande umanità e di una comprensione che lo stesso regista tenta di proporre come soluzione ai molti mali che ci affliggono..
La scena da antologia. Tra addii strazianti, amori inconfessabili e gravidanze ecclesiali, è facile citare il monologo di Agrado come momento indimenticabile del film. Non perché ogni altro momento non lo sia, ma perché l'improvvisazione del transessuale interpretato da Antonia San Juan la pone come icona ed esempio di 'autenticità'. Dalla sua missione di alleviare le sofferenze altrui al lungo 'listino' dei ritocchi subiti, i pochi minuti sul palco del teatro e la laconica conclusione con cui ci lascia non possono non restarci dentro.
I premi. Non a caso un capolavoro riconosciuto, anche a livello di statuette raccolte. In primis quella della Academy Award per il Miglior film straniero (Oscar bissato dagli analoghi Golden Globe, César, David di Donatello e BAFTA, che venne accompagnato da quello per la miglior regia a Pedro Almodóvar). Nonostante da sempre il manchego - e i suoi fan - lamentino la miopia del Festival di Cannes nel concedergli l'agognata e meritata Palma d'Oro, nel 1999 dovette 'ancontentarsi' del Prix de la mise en scène (miglior regia) e di quello - obiettivamente secondario - della giuria ecumenica. Per il resto una pioggia di titoli da parte di organizzazioni di tutto il mondo e - ovviamente - dei Goya nazionali.
Dove e quando. Alle 1:40 su Rai Movie, canale 24 del digitale terrestre e 14 della piattaforma satellitare TivùSat.
Il film. Manuela (Cecilia Roth) perde in un incidente stradale il figlio diciassettenne Esteban: era il giorno del compleanno del ragazzo e insieme erano andati a teatro a vedere "Un tram chiamato desiderio" interpretato dalla nota attrice Huma Rojo (Marisa Paredes). Sconvolta dal dolore, Manuela decide di tornare da Madrid a Barcellona per rintracciare il padre del figlio, anche lui di nome Esteban, un travestito che non vede da diciotto anni e che ora si fa chiamare Lola...
Dietro le quinte. "A Bette Davis, Gena Rowlands, Romy Schneider… A tutte le attrici che hanno fatto le attrici, a tutte le donne che recitano, agli uomini che recitano e si trasformano in donne, a tutte le persone che vogliono essere madri. A mia madre", con questa dedica si chiude il film, ma questa dichiarazione/omaggio si affianca alle tante citazioni presenti. A partire dal titolo originale che cita il All about Eve (Eva contro Eva) del 1950 - che per altro Manuela ed Esteban stanno guardando in tv all'inizio del film - o la presenza di molti autori menzionati, tutti notoriamente gay, come Truman Capote, Tennesse Williams e Federico García-Lorca. Proprio Manuela, per altro, era un personaggioche inizialmente avevamo visto apparire già in Il fiore del mio segreto.
Perché vederlo. Dopo lo zoppicante Carne tremula del 1997, è da questo splendido film - e con i successivi Parla con lei (2002), La mala educación (2004) e Volver (2006) - che si sviluppa il suo decennio più melò. Una fase della sua vita nella quale si approfondisce il rapporto con la figura femminile (non una novità per Almodovar) e nel quale l'esplorazione delle proprie radici, familiari ed esistenziali, assume una valenza quasi catartica. Un film di donne, principalmente, per quanto tutto ruoti intorno alla presenza assenza di alcuni uomini (tutti di nome Estban). Donne protagoniste di grandi gesti, di grande umanità e di una comprensione che lo stesso regista tenta di proporre come soluzione ai molti mali che ci affliggono..
La scena da antologia. Tra addii strazianti, amori inconfessabili e gravidanze ecclesiali, è facile citare il monologo di Agrado come momento indimenticabile del film. Non perché ogni altro momento non lo sia, ma perché l'improvvisazione del transessuale interpretato da Antonia San Juan la pone come icona ed esempio di 'autenticità'. Dalla sua missione di alleviare le sofferenze altrui al lungo 'listino' dei ritocchi subiti, i pochi minuti sul palco del teatro e la laconica conclusione con cui ci lascia non possono non restarci dentro.
I premi. Non a caso un capolavoro riconosciuto, anche a livello di statuette raccolte. In primis quella della Academy Award per il Miglior film straniero (Oscar bissato dagli analoghi Golden Globe, César, David di Donatello e BAFTA, che venne accompagnato da quello per la miglior regia a Pedro Almodóvar). Nonostante da sempre il manchego - e i suoi fan - lamentino la miopia del Festival di Cannes nel concedergli l'agognata e meritata Palma d'Oro, nel 1999 dovette 'ancontentarsi' del Prix de la mise en scène (miglior regia) e di quello - obiettivamente secondario - della giuria ecumenica. Per il resto una pioggia di titoli da parte di organizzazioni di tutto il mondo e - ovviamente - dei Goya nazionali.
Dove e quando. Alle 1:40 su Rai Movie, canale 24 del digitale terrestre e 14 della piattaforma satellitare TivùSat.