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Venezia 2018, Spike Lee contro David Cronenberg nella Masterclass sul futuro del cinema

Con loro anche Susanna Nicchiarelli, Blanca Suárez e la Premio Oscar Sandy Powell per raccontare le proprie esperienze e confrontarsi sulle nuove tecnologie e prospettive.

01.09.2018 - Autore: Mattia Pasquini, dalla Mostra di Venezia
Non solo Lady Gaga o i fratelli Coen hanno messo in crisi i tanti cinefili presenti alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, come ci ha confermato la Masterclass che lo sponsor ufficiale Mastercard ha organizzato per il secondo anno consecutivo nelle sale dello storico Hotel Excelsior. Il Leone d’Oro alla Carriera di questa edizione David Cronenberg, Susanna Nicchiarelli (Nico), Sandy Powell ('Signora dei Costumi', dodici volte nominata e tre volte vincitrice dell’Academy Award) e Blanca Suárez (protagonista della prima serie Netflix spagnola Le Ragazze del centralino) hanno affiancato - o meglio, circondato - Spike Lee nell'incontro incentrato sull'innovazione e le prospettive future della cinematografia.

A introdurlo, il Ministro per i beni e le attività culturali (MiBAC) Alberto Bonisoli, pronto a dichiarare il sostegno del governo "a momenti come questi" e l'intenzione di "aiutare iniziative, programmi e progetti che rendano più facile ai giovani e agli appassionati la partecipazione all'industria cinematografica", dalla quale però - sostiene - sarebbe necessario tenersi più lontani possibile, a livello politico, sempre nel rispetto di confini e necessità.



Un inevitabile momento istituzionale, che gli astanti hanno presto dimenticato, soprattutto nel vedere il protrarsi della tenzone tra i due pezzi da novanta (senza offesa per nessuna delle splendide professioniste presenti) sul palco: Spike Lee e David Cronenberg. "Amo la tecnologia, e la utilizzo - ha detto il regista di Blackkklansman, - ma alla fine la domanda è 'cosa sono disposto ad accettare perché il film si faccia?'; una diversa data di uscita? A girare con l'iPhone? Questa è una nuova generazione. Diversa. Giovedì ho iniziato a tenere un corso alla NYU, e il primo giorno del semestre ho consegnato un foglio agli studenti chiedendo loro se avevano visto una serie di film: man mano che li elencavo, vedevo che nessuno alzava la mano. Ed erano film dei quali avrei parlato nel programma, che per vari motivi sono nel mio cuore, e nella storia. Magari li hanno visti su altri device, ma non sul grande schermo. Io andavo in un cinema che oggi è diventato una sala da ballo, e forse sarebbe importante preservare i vecchi cinema come preserviamo i vecchi film".

Di parere diverso il collega: "Io penso che Lawrence d'Arabia sarebbe bellissimo anche se visto su un Apple Watch! Il suono resta perfetto, come se andassi al cinema - sostiene Cronenberg, in vena di paradossi. - Quando ero piccolo io, invece, la maggior parte della gente ascoltava la radio, una forma d'arte che non c'è più. Ce ne sono altre ormai. È il normale fluire della tecnologia, e della creatività umana. Ma ripeto, per me non è un problema: Se c'è l'impulso creativo, si tratta soprattutto di trovare una forma espressiva, che sia una macchina da scrivere o un computer. Una volta la scienza sosteneva che l'evoluzione del cervello terminasse tra i 18 e i 21 anni, ma poi si è capito che in realtà si trasforma costantemente. Come disse una volta un Premio Nobel, è come una foresta, che cresce sempre e nella quale si svolge una continua lotta per la sopravvivenza. Tutto cambia, è normale. E arriverà il momento in cui anche vedere un film sull'Apple Watch sarà normale. Dal punto di vista economico, finché si potrà fare un film si farà, poi anche questo si trasformerà. Personalmente non credo che la forma tradizionale sarà a lungo la forma dominante, magari finirà con l'occupare una nicchia. Nessuno lo sa, per ora siamo in un momento di transizione".

Ma prima di arrivare al futuro, sembrano tutti concordi nel definire Netflix la 'nuova frontiera', come produzione e come fruizione… "Ha un affetto dirompente incredibile - ancora secondo il regista di Videodrome. - Credo che lo streaming sia il futuro del cinema a prescindere dai media che stiamo utilizzando. Il poter accedere ai contenuti ovunque è quel che la gente vuole. E forse anche la forma del film finirà per cambiare, per adattarsi ai nuovi strumenti. Io sono un nostalgico, amo i film di una volta, ma questo non cambia la mia vita. Il cinema non sta morendo, si sta evolvendo!". "Per me ci son due tipi di film diversi, - risponde Lee, - quelli che preferisco vedere al cinema e quelli che aspetto di vedere su Netflix, e altri magari che son disposto a vedermi durante un viaggio aereo…".

"Ho appena terminato la seconda serie di She's Gotta Have It (basata sul film del 1986 Lola Darling ndr) per Netflix - aggiunge Spike, - e ricordo che quando iniziai a produrre la prima stagione avevo detto che non avrei fatto mai niente per lo schermo televisivo, che avrei lavorato per il cinema senza quei maledetti primi piani dei film per la tv. Io non voglio che i miei film vadano sul piccolo schermo, non li faccio per quello!". "In realtà, nel frattempo, gli schermi televisivi sono diventati sempre più grandi, e ad alta definizione, per cui tutto quel che hai fatto per il cinema finirà sicuramente in tv… - è la risposta. - Io stesso accettai di girare il mio primo film commerciale in un formato non cinematografico proprio pensando al fatto che avrebbe potuto esser visto da un pubblico televisivo. Quando hai un budget limitato credo che sia un accorgimento comprensibile".



"Tornando a Netflix - continua il filmmaker canadese, - loro assicurano di non scegliere i film da produrre sulla base di un algoritmo, ma di affidare a questa tecnologia il budget da destinare ai singoli film in base al tipo di pubblico cui sono destinati. È sicuramente qualcosa di strano, ma non so se sia grandioso o mi faccia paura…". "La situazione ideale è sempre quella di avere un budget tale da realizzare il film che vuoi nel modo che preferisci": è la nostra Susanna Nicchiarelli ad aggiungersi alla discussione.. "Ma in questo caso c'è più libertà creativa? Viene meno il problema del successo commerciale al boxoffice? Il problema è grande, ma se significa avere più libertà allora va bene, è questo che gli autori devono difendere".

Quanto all'esperienza della visione del film, la nostra regista la definisce "un'esperienza politica", proprio per il fatto di svolgerla "con altre persone": "Andare al cinema con altre persone è qualcosa che dovremmo difendere in futuro, al di là dell'aspetto tecnico. La differenza tra una sala cinematografica e una visione privata sta anche nella condivisione dell'esperienza. Dal mio punto di vista, qualcosa di fondamentale. Personalmente non potrei sopportare l'idea che i cinema sparissero". "Anche se ormai tutti parlano di quel che han visto su Netflix, come facevano una volta parlando dei film visti al cinema… - chiosa ancora Cronenberg. - Forse c'è una sorta di idealizzazione dell'esperienza cinematografica che non corrisponde necessariamente alla realtà".

"Quest'anno sono stati stanziati circa 8 miliardi di dollari da Netflix - conclude il solito Spike. - E non solo per i film di grandi attori e registi famosi, ma anche di giovani cineasti. Oggi, chiunque voi siate, è il momento giusto, approfittatene! Se fossi uno studente, sarei qui con il mio film su un disco o una chiave usb e lo darei a chiunque, per strada, come fosse il mio curriculum vitae. Abbiate fiducia! Fate girare quello che fate! E quando andate al cinema… divertitevi!".

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