
Pro: Abe Lincoln bizzarro e spassoso
di Pierpaolo Festa
Spegnete il cervello e spassatevela per un'ora e quaranta. Bisognerebbe scrivere questo in fondo al biglietto di ingresso o sulla copertina del DVD de La leggenda del cacciatore di vampiri, piacevole dark action a sfondo storico.
Hollywood e Tim Burton (produttore) continuano a puntare su Seth Grahame-Smith, già sceneggiatore del divertente Dark Shadows e autore del best seller Orgoglio e pregiudizio e zombie (che prossimamente diventerà un film). Se la premessa del film è sicuramente vincente – e qui aiuta il titolo originale Abraham Lincoln: Vampire Hunter a dare un'aura bizzarra trash tanto cara all'immaginario di Burton – l'esecuzione narrativa lascia un po' a desiderare.

EXCL - Intervista: Bekmambetov presenta Lincoln l'ammazzavampiri
Poco importa, perché la pellicola spinge sull'intrattenimento con Timur Bekmambetov dietro la macchina da presa, pronto a sporcarsi le mani quando c'è da mettere in scena violenza e sangue – che seppur digitale sprizza a litri. Nella sua overdose visiva di rallenti e acrobazie in CGI, il regista cerca davvero di trovare delle coreografie inedite nel genere action (a un certo punto un vampiro scaglia un cavallo addosso al protagonista).
Il film parte al galoppo con delle scorciatoie narrative da script-madness. Bekmambetov non perde tempo, non vede l'ora di mostrarci la trasformazione del ragazzo in eroe senza paura e la sua lotta contro i vampiri. La seconda parte – con l'ingresso del protagonista in politica e la frase "Finché non saremo tutti liberi, saremo tutti schiavi" ripetuta all'infinito - soffre un po' di una classica tirata di freno a mano: d'un tratto ecco che il film si prende troppo sul serio, costretto a confrontarsi con l'eredità di un'icona del calibro di Lincoln. Avvicinandosi pericolosamente a quel genere di divertissement già esplorato da Stephen Sommers negli insopportabili La mummia e Van Helsing, Bekmambetov e Tim Burton realizzano un prodotto superficiale ma divertente. Punto extra alla rappresentazione dei vampiri, tornati ad essere sudici e mostruosi, invece che pallidi e malinconici. Ovviamente 3D inutile.

Contro: Un film noioso, mal diretto e grondante brutta CGI
di Marco Triolo
Diciamoci la verità: una premessa così selvaggia come quella de La leggenda del cacciatore di vampiri si muove in equilibrio tra la terra incantata del guilty pleasure e il baratro del tamarrismo più idiota. Fedelmente al titolo originale, Abraham Lincoln: Vampire Hunter racconta la storia “segreta” del futuro presidente USA Lincoln, impegnato in una guerra contro i vampiri. Combattuta rigorosamente a colpi di ascia, tra schivate alla Matrix e ralenti – ma senza mai perdere il cilindro dalla testa.
Un concept divertente che però non basta a salvare un film noioso, troppo serio quando deve essere ironico e troppo bizzarro per essere preso seriamente. Timur Bekmambetov, regista di Wanted, non fa nulla per destare l'interesse dello spettatore tra una scena d'azione e l'altra, adagiandosi su un testo legnoso e girandolo senza il minimo guizzo. Gli attori sembrano spaesati e poco convinti di quello che fanno, eppure Bekmambetov aveva a disposizione professionisti come Benjamin Walker (piccolo trivia: Liam Neeson doveva essere il Lincoln di Spielberg. Walker gli assomiglia e guarda caso ha interpretato un giovane Neeson in Kinsey), Dominic Cooper, Anthony Mackie, Rufus Sewell e Mary Elizabeth Winstead. Ma l'ascesa politica di Lincoln è raccontata in maniera stanca e prevedibile, gli intrighi politici fanno ridere e tutto quanto, costumi e set, puzza di ricostruzione lontano un chilometro.

Il trailer de La leggenda del cacciatore di vampiri
Ma la vera bestia nera del film si chiama Computer Graphic: quando Lincoln affronta i suoi avversari nelle sequenze (teoricamente) più spettacolari, Bekmambetov abbandona totalmente gli stunt e si affida a personaggi in pixel che fanno cose che voi umani non avreste mai nemmeno immaginato. E per forza: sono scene assurde, esagerate e interminabili, imbevute in un'estetica fuori tempo massimo, in un momento storico in cui gli stunt vecchia scuola stanno tornando in auge. La regia è dilettantesca, scimmiotta il già citato Matrix (ancora?) e inserisce interminabili ralenti che neanche Zack Snyder al suo peggio.
Timur Bekmambetov è un nome da aggiungere a quella lista di autori – Len Wiseman, Brett Ratner, Paul W.S. Anderson – a cui non affidare più nemmeno uno spot della Coca Cola.