È morto a 86 anni Umberto Lenzi, regista e sceneggiatore che, nella sua più che trentennale carriera nel cinema italiano, ha contribuito come pochi alla produzione di genere nostrana. Noto soprattutto per i polizieschi e i gialli, Lenzi ha anche diretto film di spionaggio, d'avventura salgariana, horror e cannibal movie.
Nato a Massa Marittima, in provincia di Grosseto, il 6 agosto 1931, Lenzi si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1956. La sua carriera da regista inizia nel 1958 con il film greco Mia Italida stin Ellada (1958). In Italia debutta con Le avventure di Mary Read (1961). Negli anni '60 dirige alcuni film d'avventura come Il trionfo di Robin Hood (1962), Zorro contro Maciste (1963) e Sandokan, la tigre di Mompracem (1963), oltre ai simil-Bond A 008 operazione sterminio (1965) e Superseven chiama Cairo (1965). Nel 1966 esce Kriminal e nel 1969 firma una delle sue pellicole più celebri, Orgasmo. Passa poi ai gialli con Così dolce... così perversa (1969), Paranoia (1970) e Sette orchidee macchiate di rosso (1972).
Ma è dal 1973, con Milano rovente, che si addentra nel genere che lo avrebbe reso celeberrimo, il poliziesco all'italiana. Nel giro di pochi anni arrivano Milano odia: La polizia non può sparare (1974), suo capolavoro, Il giustiziere sfida la città (1975), Roma a mano armata (1976), Napoli violenta (1976), Il trucido e lo sbirro (1976), in cui dà addirittura i natali all'iconico Monnezza, Il cinico, l'infame, il violento (1977) e La banda del gobbo (1978). Una collaborazione a dir poco leggendaria con Tomas Milian, con cui inventa personaggi rimasti nella memoria collettiva: oltre a Monnezza, anche il Gobbo, il Cinese e Rambo, il protagonista de Il giustiziere sfida la città, così chiamato perché l'attore aveva letto il romanzo di David Morrell da cui sarebbe poi stato tratto il film con Stallone.
All'alba degli anni '80, Lenzi si accodò alla moda del cannibal movie firmando Mangiati vivi! (1980) e Cannibal Ferox (1981), per poi proseguire una carriera virata ai film da cassetta (tra cui La casa 3, apocrifo sequel dei film di Raimi). Nei primi anni '90 appese la macchina da presa al chiodo e si ritirò dalle scene, trovando però una seconda vita come autore di romanzi gialli, tra cui quelli incentrati sul detective Bruno Astolfi, "Delitti a Cinecittà", "Terrore ad Harlem", "Morte al Cinevillaggio" e "Il Clan dei Miserabili".