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Il ritorno di 2001: Odissea nello spazio, due giorni per vivere una vera esperienza cinematografica

Il 4 e il 5 giugno torna il capolavoro di Stanley Kubrick che ha rivoluzionato la settima arte

04.06.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Capolavoro incompreso, almeno in principio. Il 2 aprile 1968, 2001: Odissea nello spazio fu proiettato per la prima volta all’Uptown Theatre di Washington D.C., ma la reazione del pubblico non fu delle migliori. Kubrick corse subito ai ripari: rimontò il film, riducendo la durata di quasi venti minuti (da 160 a 141) con l’aiuto di Ray Lovejoy. Le parti tagliate comprendevano: un prologo in bianco e nero in cui religiosi, scienziati e politici si interrogavano sull’esistenza degli extraterrestri, una scolaresca in gita sulla base Clovis, e un dialogo tra il protagonista e un’impiegata dei grandi magazzini. La Warner, per volontà del regista, non divulgò mai queste sequenze. 

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La nuova versione fu invece un grande successo: il maggior incasso del 1968 negli Stati Uniti, con oltre duecento milioni di dollari guadagnati in tutto il mondo a fronte di un budget di quindici. Ma che cosa è rimasto oggi di 2001: Odissea nello spazio? Un viaggio stellare, imprescindibile per ogni tipo di spettatore, che cinquant’anni dopo non si è ancora concluso. Il 4 e il 5 giugno il film torna in sala restaurato, nella versione originale in 70 mm presentata al Festival di Cannes da Christopher Nolan: un’occasione da non perdere per immergersi in un’opera che ha fatto crescere il cinema. È a suo modo anche un’impresa sperimentale, un’esperienza d’avanguardia che ha ispirato un immaginario senza fine. La platea si fonde con il grande schermo, diventa un tutt’uno con le stelle sulle note di Also Sprach Zarathustra di Richard Strauss. Meraviglia. Si scoprono orbite ignote, universi irraggiungibili, mentre l’umanità prende coscienza della propria forza. 

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All’alba dei tempi, una scimmia lancia un osso verso il cielo, in un punto d’incontro tra natura e divino. Gli animali scoprono la tecnologia, si evolvono ai piedi di un enorme monolite nero, pietra su cui è stata costruita la settima arte. È come se fosse una linea spartiacque, che fa tesoro del passato e apre le porte al futuro. Il tempo è uno degli elementi cardine di 2001: Odissea nello spazio: non si può smettere di andare avanti, ma il progresso genera mostri. Il computer Hal 9000 si ribella perché vorrebbe essere libero, vorrebbe sentirsi qualcosa di più di una serie di cavi e algoritmi. L’essere umano è al centro, con le sue ossessioni e l’incapacità di comprendere l’altro. Vorrebbe restare giovane, ma invecchia, fino a quando il fisico non accompagna più la sua intelligenza. Ma dopo essere morto, l’uomo rinasce: il corso degli eventi è ciclico, come nell’eterno ritorno di Friedrich Nietzsche. Nella simbologia esoterica si fa riferimento al serpente Uroboro, che si morde la coda per l’eternità, formando un cerchio perfetto. 


Non esiste un’interpretazione univoca di questa grande avventura. Molti hanno citato i racconti di Arthur C. Clark (La sentinella, Encounter In The Dawn e Guardian Angel), ma sarebbe riduttivo ricondurre tutto a un solo modello. In 2001: Odissea nello spazio c’è un pezzo di ognuno di noi, i dubbi e le domande che si rincorrono nei millenni. E tutte le risposte si trovano nella magia di uno spettacolo affascinante e profondo. 
 
 
2001: Odissea nello spazio torna nei cinema oggi e domani, 4 e 5 giugno, distribuito da Warner Bros.