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I 30 anni di Platoon: Kevin Dillon ricorda “l'addestramento infernale” del cast

L'attore rivela come Oliver Stone, con l'aiuto di ex istruttori dei Marines, sottopose gli attori a due settimane di addestramento, tormentati da fame e sonno nella giungla delle Filippine

Platoon

28.12.2016 - Autore: Marco Triolo (Nexta
Trent'anni fa usciva nei cinema americani Platoon, capolavoro di Oliver Stone e uno dei più realistici film di guerra mai realizzati. Il motivo è semplice, e lo spiega l'attore Kevin Dillon al Daily Mail nel corso di un'intervista esclusiva: Stone sottopose l'intero cast – oltre a Dillon, Charlie Sheen, Johnny Depp, Willem Dafoe, Tom Berenger e Forest Whitaker – a due settimane di addestramento militare nelle Filippine, prima dell'inizio delle riprese. Due settimane di addestramento vero, con ex Marine come istruttori, durante le quali gli attori furono costretti a indossare abiti militari e portare equipaggiamento e armi con sé, esplorare la giungla (perdendosi) e scavare delle buche in cui dormire. Due settimane in cui praticamente non si cambiarono mai, dormirono poco e a turno e mangiarono pochissimo. Stone aveva tutta l'intenzione di privarli degli agi per gettarli nel fango e nella sofferenza della guerra e Dillon ammette che la strategia funzionò alla grande.

“Dal giorno in cui atterrammo, venimmo trattati come un'unità militare e gettati nella mischia. Ci misero tutti insieme in una trincea, ci tagliarono i capelli e ci dissero di toglierci i nostri normali vestiti e indossare tenute da combattimento, e poi ci spedirono immediatamente in una missione di ricognizione”, ricorda l'attore. “A tutti quanti venne anche dato un M16. Eravamo davvero alla follia”.



Sotto la supervisione del veterano ed ex ufficiale dei Marine Dale Dye, il cast venne costretto a scavare trincee dove dormire. Agli attori fu inoltre impedito l'accesso ai telefoni e dunque ai loro agenti e al sindacato, cosa che scatenò più di un conflitto per via delle ovvie violazioni sindacali sul set. “A un certo punto, Charlie diceva: 'Non credo di poter sopravvivere a questo. Dobbiamo farlo sapere ai nostri agenti, devono sapere cosa sta succedendo, è ridicolo. Non può essere vero”. Dillon spiega anche di essere arrivato alle mani con uno dei Marines. Ma alla fine tutto questo fu utilissimo alla loro performance e a costruire il cameratismo tra gli attori: “Dissi al cast: 'Siamo forti come loro, possiamo farcela, va tutto bene'”; infatti “Superammo tutto quanto e i Marines finirono per rispettarci”.

Eppure quelle due settimane furono un calvario: “È incredibile che nessuno sia rimasto ucciso. Correvamo attraverso campi pieni di bombe che esplodevano e non sapevamo dove fossero localizzate”. Il cibo veniva razionato per far capire agli attori “il dolore, la psicologia e la realtà” di un soldato semplice in Vietnam. Un giorno, gli uomini di Dye tesero un'imboscata a Johnny Depp e gli puntarono una pistola alla tempia. Arrivarono anche a spingere un gregge di capre nella trincea di Depp, Sheen e Dillon. “Ci davano metà delle razioni, quindi eravamo tutti affamati e davvero stanchi. Avevamo lo sguardo giusto negli occhi e questo ci aiutò molto”. “Oliver non ci disse mai perché ci sottopose a tutto questo, ma voleva decisamente farci assumere lo sguardo di chi aveva patito tanto”, lui che il Vietnam lo aveva conosciuto davvero da volontario.

Dillon ammette di aver amato quell'esperienza, a differenza di molti colleghi: “Il mio personaggio amava essere in Vietnam” e questo lo spinse a rimanere nel personaggio per tutta la durata dell'addestramento. “Ancora oggi mi guardo indietro e lo ritengo uno dei momenti migliori della mia vita”. Anche se, alla fine, l'attore soffrì di una sorta di sindrome post-traumatica: “Ero cambiato. Dovetti letteralmente rimparare come comportarmi e non imprecare davanti ai miei genitori. Eravamo stati così tanto nei nostri personaggi che non ero più a mio agio in un letto caldo, era troppo morbido”.

Fonte Daily Mail