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Cinque film per conoscere Pupi Avati, uno dei registi più prolifici del cinema italiano

Ottant'anni e molte anime. Facciamo un viaggio tra i generi, dall'horror alla commedia, dalle storie in costume a quelle drammatiche

02.11.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane
Voleva diventare un grande clarinettista. La sua passione era la musica, il jazz, e a Bologna suonava nella Doctor Dixie Jazz Band. Con l’arrivo di Lucio Dalla, decise di lasciare, di trovare una sua strada, che poi fu il cinema. Pupi Avati compie ottant’anni. La sua è stata una carriera lunghissima, tra televisione e grande schermo. È di sicuro uno dei registi italiani più prolifici di sempre. Ha saputo spaziare tra i generi, dall’horror alla commedia, per arrivare anche al dramma storico. Vi proponiamo cinque film per cogliere le sue molte sfumature. Ecco la nostra top five.



I cavalieri che fecero l’impresa (2001): Forse il progetto più ambizioso di Avati. Siamo nel 1272, e cinque uomini vogliono rubare la Sindone (in Grecia) per portarla in Francia. Sono santi e diavoli, in qualche modo alla ricerca della redenzione. Un’avventura insolita, che richiama i poemi cavallereschi. Antichi manieri, signorotti, belle dame, duelli e alcune venature splatter. Alla fine si sentono addirittura gli echi del cinema di Peckinpah (Il mucchio selvaggio).  



La seconda notte di nozze (2005): Un’altra anima di Pupi Avati. Quella che guarda con malinconia all’Italia di una volta, che doveva rialzarsi dalla Seconda Guerra Mondiale. E’ l’immagine di un Paese povero, dove i protagonisti sono gli ultimi, coloro che non hanno quasi più nulla da perdere. Nelle persone c’è una cattiveria mai sopita (Nino venderebbe la mamma pur di realizzare i suoi desideri), figlia delle privazioni e dei tempi duri. Con un grande Antonio Albanese, nei panni di un uomo segnato dall’ospedale psichiatrico e dalla difficile vita famigliare.



Una gita scolastica (1983): Il primo grande successo di pubblico di Avati, la consacrazione del suo spirito nostalgico, che rivive il passato con tenerezza, come nel musical Aiutami a sognare con Mariangela Melato. Due professori devono accompagnare i loro studenti da Bologna a Firenze, e tornano a sentirsi giovani. Una storia d’amore “proibita”, il diario di uno scandalo. Il ricordo di una signora che a ottant’anni rivive i suoi sentimenti lontani.



Regalo di Natale (1986): Un viaggio nell’Italia provinciale, uno dei suoi lavori più taglienti. Durante le feste, quando tutti dovremmo essere “più buoni”, i vecchi rancori vengono a galla. Un gruppo di amici si riunisce attorno a un tavolo per una partita di poker, ma è un gioco al massacro. È la morte degli antichi valori, di una moralità che appartiene a un’altra epoca. L’amicizia è ormai diventata un rapporto di convenienza, tutti sono meschini, nessuno è fedele. Con un seguito: La rivincita di Natale.



La casa dalle finestre che ridono (1976): Un piccolo cult. Colpi di scena, finale aperto, le tante sfumature della paura. Una vicenda anomala per l’epoca: la Bassa padana, dove di solito il ritmo delle giornate è lento e difficilmente succede qualcosa, si trasforma nel teatro perfetto per l’esplosione dell’orrore. Sorelle malefiche, sacrifici umani, un pittore ignaro che si trova avvolto dall’inferno. Il grottesco accompagna il terrore, il sacro (rappresentato dal dipinto che raffigura San Sebastiano) si mescola con il profano.