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Benedict Cumberbatch, nel firmamento delle stelle

Difficile definirlo un volto nuovo, nonostante i 36 anni, visti i ruoli che l’hanno portato sui nostri schermi. Di certo è lui il più atteso del nuovo Star Trek di JJ Abrams.

Benedict Cumberbatch<br>

05.06.2013 - Autore: Mattia Pasquini
Oggi è il nuovo ‘villain’ di Into Darkness – Star Trek di JJ Abrams (Lost, Cloverfield), e secondo i più è il suo John Harrison – cupo e potente – il pregio migliore del film, ma oggi è facile salire sul carro di Benedict Timothy Carlton Cumberbatch

“Cumberbatch… suona come una scureggia in bagno, no?”: la dichiarazione più divertente in merito al suo nome viene da Benedict stesso, che continua… “Io non potrei mai dirlo di lunedì mattina e quando sono diventato attore mia madre non era d’accordo che lo conservassi”.
Probabilmente ormai ha cambiato idea, soprattutto dopo aver saputo che il suo cognome è addirittura diventato un verbo, come nella frase “Ho ‘cumberbatched’ il pubblico inglese”, evento più unico che raro che ha commentato: “Sono molto lusingato. E’ folle e divertente e molto lusinghiero”

Ma, molto tempo prima di un tale ‘riconosciento’, i primi ad accorgersi di lui e delle sue qualità furno i giurati del Monte-Carlo TV Festival che gli consegnarono il Premio Golden Nymph di Migliore attore per due anni di seguito: 2004 per Hawking e 2005 per To the Ends of the Earth, entrambi prodotti televisivi (film il primo, nel quale il nostro interpreta il famoso astrofisico Stephen, miniserie il secondo). D’altronde è dalla tv che nasce il personaggio Benedict.
The Last Enemy, Small Island fino all'esplosione del 2010 con il ruolo che l’ha consacrato, quello della versione moderna e riveduta del celebre detective di Baker Street 221B in Sherlock, che dalla BBC – con due sole serie (la terza è in corso di lavorazione) – l’ha definitivamente lanciato.
Quella e i primi passi, da buon inglese (è di Londra), nel dramma in costume.

Non sarà un caso se il suo aplomb e quel volto allungato e serioso, dagli occhi indgatori, sono risultati perfetti nell’Amazing Grace di Michael Apted (2006) e nei successivi Espiazione, di Joe Wright passato a Venezia nel 2007, e L'altra donna del re, di Justin Chadwick (presentato alla Berlinale 2008).
Di Festival in Festival, lo splendido La talpa (Tinker, Tailor, Soldier, Spy) di Tomas Alfredson (anche questo al Lido, ma nel 2011) è la porta sul grande cinema. Come dimostrano i successivi ingaggi di Steven Spielberg (War Horse, 2011) e Peter Jackson (nella trilogia de Lo Hobbit, con un ruolo che proseguirà fino al 2016 dando anche voce – non per noi italiani – al drago Smaug nel secondo episodio e che gli ha permesso di tornare a lavorare con il ‘suo’ Watson, Martin Freeman).

Into Darkness – Star Trek, intanto, lo porta in sala con un personaggio del quale non vi sveliamo troppo per non rovinarvi la sorpresa, ma del quale lui stesso dice: “Non credo nel Bene e nel Male, né negli eroi e nei ‘cattivi’. Chi è terrorista per uno, per un altro è un combattente per la libertà e il fatto che Harrison sia un’ombra di Kirk, l’altra faccia della medaglia, è ciò che lo ha reso interessante da interpretare”.

Ora lo vogliono Guillermo del Toro in Crimson Peak (tra storia d’amore e horror soprannaturale con Emma Stone) e Keira Knightley al suo fianco in The Imitation Game (altro film inglese sulla Seconda Guerra Mondiale e il codice Enigma), ma noi continuiamo a sperare che si realizzi il progetto annunciato (c’è già la firma!) che lo porterebbe a lavorare con Tom Hanks nel biopic su Brian Epstein, manager storico dei ‘quattro ragazzi di Liverpool’, diretto da Paul McGuigan.