Poveri ma ricchi
I Tucci sono una famiglia povera di un piccolo paese del Lazio. Padre, madre, una figlia vanitosa e un figlio genio, costretto a fingersi ignorante per stare al passo con la famiglia. Con loro vivono anche il cognato, botanico ma nullafacente, e la nonna, patita di serie TV. Un giorno accade qualcosa di completamente inaspettato: i Tucci vincono CENTO MILIONI di euro. Nel bel mezzo della notte fanno le valigie e partono. Destinazione: MILANO Una volta arrivati e preso possesso della loro nuova vita da milionari, i Tucci si rendono conto che i tempi sono cambiati. Oggi i ricchi sono tutti low profile, mangiano poco o niente, sono ecologisti, fanno beneficenza, si tengono in forma, vanno in giro con biciclette o macchinette elettriche. Essere ricchi, oggi, è diventata una gran scocciatura. E questa scoperta renderà le cose molto diverse da come i Tucci se le aspettavano.
VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
GENERE
NAZIONE
Italia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Warner Bros
DURATA
97 min.
USCITA CINEMA
15/12/2016
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2016
di Mattia Pasquini (Nexta)
I soldi danno la felicità, o davvero come dice Christian De Sica "creano confusione"? Sembrerebbe più la seconda che la prima, almeno a vedere Poveri ma ricchi di Fausto Brizzi, che al suo decimo film da regista sceglie di fare un film d'altri tempi più che una commedia "sentimentale", come lui stesso definisce le precedenti, o "demenziale", secondo molti… E di certo qui la confusione è evidente, nonostante la - a tratti riuscita - operazione nostalgia e lo sguardo rivolto ad antiche 'vacanze di natale'.
Alla base di tutto la analoga commedia francese 'Les Tuche' (italianizzati nella famiglia 'Tucci'), "adattata" da Brizzi nel tentativo di sfruttarne la verve comica, ma anche di raccontare quanto "essere ricchi oggi sia diventata una gran scocciatura". Il problema semmai è che nell'incontro-scontro tra 'Neo-Ricchi' (o "cafoni arricchiti") e 'Ricchi di oggi', oltre a qualche divertente corto circuito, a uscirne malconcia sia proprio l'intenzione 'sociale'.
Le delusioni e la confusione maggiore sono proprio su questo fronte, in fondo, ché di riletture del mito del buon selvaggio ne abbiamo avute tante e anche meno fastidiosamente retoriche. E se il tono (dichiarato, certo, sin dall'inizio, soprattutto nella forma narrativa scelta) da favoletta pedagogica a tratti - e nel finale - supera i limiti, sono alcuni dettagli a risultare incoerenti (nella distinzione 'moderna' e muliebre dell'odio per i ricchi o per i loro soldi).
Certo, visti i riferimenti a certe "scocciature", niente di strano, ma certo il giudizio complessivo non può prescinderne al veder depotenziato l'intento moraleggiante. Evidente a più riprese, in quello che resta uno dei migliori film di Brizzi da tempo, per tono e gag, anche se è un peccato rilevare un paio di cadute verticali nel primo e un superfluo (forse concessione al mercato o alle aspettative del pubblico) insistere su certa sguaiatezza pur avendo nel cast nomi come Bebo Storti, il perito agrario Enrico Brignano alle prese con Mandocachi e Ficogne, Anna Mazzamauro, Lucia Ocone (incredibile nella sua liaison con Al Bano!) e quel De Sica che ama ricordare quanto sia in grado e ami differenziare i propri progetti, ma che poi vediamo interpretare sempre la stessa macchietta nelle commedie di fine anno.