L'incredibile vita di Norman
Se chiedi a Norman Opphennaimer quale sia il suo mestiere la risposta sarà “se le serve qualcosa io gliela trovo!”. Con una delle migliori interpretazioni di sempre, Richard Gere è Norman, un navigato affarista di New York alla disperata ricerca di attenzioni e amicizie che possano cambiargli la vita. La sua è una corsa continua a soddisfare i bisogni degli altri con la speranza di trovare un giorno rispetto e riconoscimento da sempre desiderati.Quando viene eletto Primo Ministro un uomo a cui anni prima Norman aveva fatto un favore, quel giorno che tanto aveva desiderato sembra finalmente arrivato. Ma sarà davvero come lo aveva immaginato?L’incredibile vita di Norman è una commedia sull’importanza delle relazioni e sul bisogno di contare col quale prima o poi tutti nella vita facciamo i conti.
VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Norman: The Moderate Rise and Tragic Fall of a New York Fixer
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Lucky Red
DURATA
118 min.
USCITA CINEMA
28/09/2017
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2017
di Alessia Laudati (Nexta)
Richard Gere in L’incredibile vita di Norman non è sicuramente il Richard Gere icona della commedia dei buoni sentimenti di Ritorno al Marigold Hotel né tantomeno il personaggio che su di sé incarna le domande tipiche dell’età matura di Shall We Dance (un uomo non più giovanissimo come affronta le relazioni affettive?).
Con un film costruito tutto intorno alla figura centrale di un aspirante faccendiere nella New York contemporanea, Norman Oppenheimer-Gere è un consigliere senza passato che stringe amicizia con un politico israeliano (Micha Echel) cercando disperatamente di attirarsi i suoi favori. Con il ruolo di Gere il film fa riferimento alla figura storico-letteraria dell'ebreo cortigiano qui modernizzata dal regista israelo-americano Joseph Cedar. Norman di mestiere risolve problemi e cede spesso al compromesso scambiando l’utilitarismo dei potenti per affetto e vedendo alla fine scaricati su di sé tutti i mali del potere. Per Gere passare da star osannata a personaggio denigrato è decisamente un effetto strano; e proprio con un cortocircuito ben studiato che il regista si diverte a mettere l'uomo celebre tra gli ultimi degli ultimi. Lo fa senza dargli un volto se non quello dell’impostore petulante ma buono. Norman si salva perché in fondo la sua spinta a rendersi utile nasce da una profonda solitudine personale, da una bontà mal ripagata e dal disperato desiderio di avere pubblica accettazione da parte delle comunità in cui gravita senza esserne mai parte. Sia essa quella ebraico-newyorchese capeggiata dal rabbino Blumenthal (Steve Buscemi) o politica-internazionale o ancora economico-finanziaria.
Indubbio che il personaggio abbia a suo modo del mistico. Del resto il concetto di espiazione e di capro espiatorio attraversa molteplici religioni, dall’ebraismo al cristianesimo. Però - ed è il dato più interessante - è anche una figura che la progressiva crisi economica insieme alla decisa affermazione dei supericchi e dei superpoveri ha reso semplicemente più disperata nel tentativo di riuscire a sedersi al tavolo dei potenti. L'alto è sempre più distante, il basso ancora più minaccioso che in passato, il potere sempre più impunito. Tuttavia il capro espiatorio tenta lo stesso di ottenere benefici personali ripulendo in cambio il marcio che attraversa questi ambienti e lasciandoli illibati, ma pagando personalmente un caro prezzo.
Il film spiega come oggi un patto tra individui, qui è l’amicizia tra Norman e il premier israeliano ma potrebbe essere lo stesso patto sociale, si disgreghi ad ogni soffio di vento in un ordine di classe che ha solo grandi differenze e che senza i dovuti ammortizzatori che tengano insieme le diversità può facilmente connettersi e disconnettersi con l’altro in pochi attimi. Alla fine la performance intensa di Gere convince ed è accolta da un pubblico che lascia la sala tra il mesto e il divertito, tra lo sconsolato e il turbato. Tra questi c’è chi crede che Gere dovrebbe tornare al più presto alla commedia disimpegnata o al thriller. Noi personalmente lo preferiamo così. Duro senza perdere la tenerezza, goffo e immensamente fragile, outsider precario in una New York dalle grandi opportunità che oggi mostra solo il proprio lato più crudele e beffardo che poi è quello di un mondo intero sempre più instabile e violento dove i capri espiatori si moltiplicano di giorno in giorno.