Captive State

Captive State

Dieci anni dopo un’invasione aliena, l’ormai occupata Chicago è divisa in due fazioni: coloro che hanno giurato fedeltà agli alieni e coloro che si sono uniti ai ribelli nella loro lotta contro gli invasori.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Captive State
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Adler Entertainment
DURATA
109 min.
USCITA CINEMA
28/03/2019
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2019
di Mattia Pasquini
 
Il Lancio concentrato sul regista dell'Alba del Pianeta delle Scimmie e un poster piuttosto standard, quasi da produzione Netflix, rischiano di trarre in inganno… Questo perché Captive State di Rupert Wyatt non merita di essere catalogato sulla base di certi riferimenti. Non perché sia un film che rompe le regole di un genere, o che ne stravolge i canoni, ma perché è un film piuttosto particolare, e comunque molto interessante.
 
Si parla di un'invasione aliena, ormai avvenuta (a parte un incipit che ci accoglie con una scena da trattenere il respiro, per quanto semplice). Di una storia di resistenza, di persecuzione… quasi una Spy Story, come si scoprirà andando avanti, e senza svelare troppo. Non a caso si registra la presenza di grandi nomi (John Goodman e Vera Farmiga) nei ruoli chiave. Quelli meno action, in un certo senso, anche se l'azione non manca nello svolgimento della vicenda.
 
Una doppia anima che il film denuncia sin dal ritmo, forse troppo rallentato e verboso cinematograficamente per buona parte della sua durata (quasi tutta la prima ora è una lunga attesa di quello che verrà). Fino allo sondo fondamentale che spezza questa strana diacronia. A quel punto il ritmo cambia, per diventare altalenante, dissonante, ma in maniera tutt'altro che fastidiosa, anzi. Riuscendo a tenere il pubblico in allerta, a sorprenderlo, facendo in modo che non si adagi sul prevedibile o sullo stereotipato.
 
Senza allargare troppo l'ambito, la storia inizia improvvisamente a suggerire nuove regole, rendendo l'indagine inaspettata per ambientazione e soggetti. Si crea una sorta di sospensione nella quale si distribuiscono molti degli elementi immancabili in un film di fantascienza… Manufatti di ogni tipo, orrende cimici attraverso le quali questi colossi spinosi esercitano il controllo sull'umanità, esplosivi che definire futuristici sarebbe poco (almeno speriamo) alleviano l'attesa iniziata nella sbrigativa introduzione testuale che definiva il contesto di riferimento.
 
Ma a parte il prologo infarcito di riferimenti espliciti alla situazione attuale (muri, segregazione, esproprio delle risorse naturali, deportazione, polizia violenta, sperequazione… tutte storie che conosciamo, insomma) a venir sottolineata è la citazione latina del Laocoonte virgiliano: 'Timeo Danaos et dona ferentes'. Inevitabilmente anticipatoria. Che sibillina e subliminale ci accompagna fino alla fine, cullandoci nella suddetta studiatissima aritmia, fino all'effetto domino che a un certo punto si scatena.
 
Intrigante e ben diretto, classico ma dal tono molto particolare, come il resto. Come tutto in un film al quale il regista riesce a trasmettere dinamismo e intensità, senza scivolare mai completamente nel Crime Movie o limitarsi allo Sci-Fi (al netto di qualche suggestione alla Wachowski). Un film che si mantiene asciutto pur nei momenti di caos e che sicuramente lascia spazio per un seguel. Non per il finale aperto, ma naturalmente, Una prosecuzione che ci auguriamo di non vedere, ché - come accaduto in molti casi - rovinerebbe l'iconicità (per quanto sia un termine esagerato) di un film comunque ben realizzato è sicuramente interessante.