Baciami Ancora
Che piega avrà mai preso la vita di Carlo e di Giulia, indimenticabili protagonisti de "L'Ultimo bacio"? Dieci anni dopo ritornano i due protagonisti con le loro vite, i successi, gli errori, i desideri, le delusioni e gli amici di sempre.
di Adriano Ercolani
Evidentemente l'aria di casa non fa troppo bene al cinema di Gabriele Muccino.
Tornato dopo l'esperienza hollywoodiana a raccontare la vita e le
peripezie amorose del gruppo di amici che ci aveva presentato nel suo
più grande successo nazionale, "L'ultimo bacio", il cineasta romano con "Baciami ancora"
ha voluto evidentemente realizzare una pellicola ancora più epocale, ma
ha finito per perdere il controllo della sua idea di messa in scena e
strabordare clamorosamente, come gli era già successo con "Ricordati di me".
Che Gabriele Muccino sia un autore con un'idea
precisa di cinema è un fatto innegabile. Che sia allo stesso modo un
regista capace di muovere la macchina da presa è altrettanto evidente
ed apprezzabile, soprattutto in un panorama come quello italiano in cui
l'estetica propria dei lungometraggi è troppo spesso minimalista e "timida". Spesso però è proprio la perizia tecnica di Muccino a
portarlo fuori strada: qualche volta il problema dei suoi film è invece
doverla tenere ferma, la macchina da presa. Costruire tutte le scene
come se fossero momenti fondamentali di un lungometraggio alla lunga si
rivela controproducente, come succede appunto in "Baciami ancora":
l'eccesso di momenti drammatici, sottolineati da una musica bella ma
troppo invasiva, producono l'effetto contrario di appiattire la storia.
Se tutto è dramma quali sono allora le parti di raccordo e le scene invece più importanti?
Probabilmente Muccino come sceneggiatore ha bisogno di un "tecnico"
accanto che lo aiuti a strutturare meglio le sue storie, a dosare il
ritmo secondo alternanze narrative meglio scandite. Non è un caso
secondo noi se il meglio delle sue capacità il regista lo ha dato
proprio con i suoi due lungometraggi realizzati ad Hollywood con Will Smith. Ne "La ricerca della felicità" e "Sette anime"
abbiamo infatti assistito ad un progetto organizzato in maniera
totalmente differente rispetto ai suoi lavori in Italia: l'estro
registico è stato infatti incanalato dentro un prodotto scandito da una
sceneggiatura molto precisa, soprattutto nel caso del primo film. Di
conseguenza la messa in scena si è rivelata allo stesso modo
efficacissima, ma comunque pienamente funzionale e coerente con la
storia. Appare quindi evidente che quando lavora in Italia Muccino è
troppo libero, quindi c'è da supporre che non abbia alle spalle una
produzione in grado di "indirizzarlo" con la necessaria fermezza.
Date queste premesse era conseguenza ovvia che "Baciami ancora"
fosse un'opera ridondante e slabbrata, come appunto si è rivelata. Una
maggiore lucidità nel girare e successivamente comporre il mosaico che
il cineasta aveva in mente era a nostro avviso fondamentale per la
riuscita di questo melodramma.
Per saperne di più su Baciami ancora (Medusa Film, dal 29 gennaio nei cinema)
Leggete la nostra intervista a Gabriele Muccino
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