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Tim Roth: "Spesso faccio film brutti, ma ora torno nel mondo di Tarantino"

Il lato inedito del grande attore: "Sono un padre di famiglia con la costante paura di perdere il lavoro"

29.05.2015 - Autore: Pierpaolo Festa
"I Love you Tim Roth!" - Urla una donna dal balcone che sovrasta la piscina dell'hotel dove siamo seduti con Tim Roth. Lui interrompe la conversazione e con lo stesso tono risponde: "Ti amo anche io!", accennando un sorriso. 

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Comico, brillante, sincero. E iconico: "sono cinquantaquattrenne e fiero di esserlo". Attore e regista (ha diretto il notevole Zona di guerra nel 1999 e da allora non è più tornato dietro la macchina da presa), Roth può diventare l'arma segreta di un filmmaker, l'uomo giusto nel posto giusto al momento giusto: "Queste cose mi capitano continuamente: ho conosciuto Quentin Tarantino, James Gray, Alan Clarke, e Mike Leigh proprio quando erano pronti a lavorare su progetti che hanno lanciato o rilanciato le loro carriere. E' successa la stessa cosa con il film che ho presentato qui a Cannes, Chronic di Michel Franco che ha appena vinto il premio per la migliore sceneggiatura". L'attore abbassa l'ego immediatamente: "Ho fatto anche film di merda - confessa guardandoci direttamente negli occhi - Per come la vedo io, il mio lavoro consiste nel rimandare costantemente la disoccupazione. Ecco perché a volte faccio film veramente brutti. Devo farli. A volte però alcuni vengono proprio bene: sono davvero fiero di questo Chronic". 


TIM ROTH INFERMIERE PER MALATI TERMINALI IN CHRONIC
 
Sembra di non stare a parlare con una star ma con un uomo che lavora sodo e timbra il cartellino tutte le mattine...
Lo farò finché morirò. Ho tante responsabilità adesso. Mi piacerebbe tornare a fare il regista: ho tre sceneggiature pronte, ma non posso farlo perché vorrebbe dire fermarmi per un anno e mezzo. Devo pensare ai miei tre figli e aiutarli durante l'università. Appena finiranno si troveranno un lavoro e io potrò dedicarmi anche a quello che mi piace. 
 
Quindi sei disposto a fare altrettanti film brutti...
La cosa più bella di quei progetti accade nel momento in cui sto per uscire di casa. Mia moglie mi guarda sull'uscio e mi dice: "Sai quand'è che ti amo di più? In questo momento in cui ti vedo uscire di casa pronto a fare una cosa che non ti piace e che durerà almeno tre mesi". 
 
Detto questo, puoi fare tutti i film brutti che vuoi, alla fine sei Tim Roth e ti ricordiamo sempre per i film giusti...
E' bellissimo no? Un attore in media può avere un paio di film belli nella sua carriera. Due in tutta una carriera vanno già benissimo. Io ne ho moltissimi!
 
Sono passati diciassette anni da La leggenda del pianista sull'Oceano, un progetto che si ricorda anche per i rumour sulle tensioni avute con Tornatore sul set...
Non mi dispiace affatto di aver interpretato quel film. Qualche settimana fa stavo sul set con Quentin Tarantino, eravamo sfiniti dopo una giornata di lavoro, e a un certo punto uno della troupe si avvicina a me e dice: "Ho amato Il pianista sull'oceano". Mi rende orgoglioso il fatto di aver preso parte a un film vecchio stile, prodotto di un cinema che non circola più ormai. Abbiamo girato a Cinecittà, negli stessi luoghi in cui ha girato Fellini. E' bellissimo ed è doloroso se pensi a cosa ne è stato poi di quegli studios. E un film che mi piace molto, l'unica incertezza è proprio la mia performance: non credo di essere stato bravo nei panni di Novecento.   
 
Hai nominato Tarantino con cui sei tornato a girare dopo tanti anni...
E non ti dirò nulla di The Hateful Eight perché arriverà presto. E' stato bellissimo: sai quando gli attori dicono che lavorare a quel film è stato "divertente" e capisci che stanno mentendo? Io non mento, ci siamo massacrati di lavoro ma è stato divertente. Al momento sto soffrendo di distacco emotivo perché ho lavorato a quel film per più di un anno. 

 
Poco fa dicevi "l'uomo giusto nel posto giusto al momento giusto": quando lavori con un regista esordiente riesci a capire che farà strada? 
Sempre. Mi ricordo che durante una pausa sul set di Le iene, stavo camminando con Harvey Keitel in un parcheggio, e lui mi fa: "E' proprio bravo questo Quentin, vero?". Io ho annuito e lui: "Però non facciamoglielo capire!". (Sorride). 

A proposito di andare fiero dei tuoi 54 anni, come hai vissuto questa cosa nel tuo lavoro? Quanto sono cambiati i ruoli che ti offrono? 
Sinceramente non pensavo che superati i cinquanta avrei potuto continuare a recitare. Invece oggi mi offrono i ruoli più interessanti. Non so come andrà, ma devo andare avanti un altro po'. La gioia del mio lavoro la trovo ai Festival perché è in queste occasioni che posso conoscere gli autori più interessanti, quelli più promettenti. 
 
Poco fa dicevi che hai tre sceneggiature pronte che vorresti dirigere. Di cosa si tratta?
Una la ha scritta Harold Pinter, direttamente per me. L'altra esplora il mondo dei servizi sociali nella New York degli anni Ottanta e l'ultima è un po' troppo simile a un film che ho appena visto qui al Festival di Cannes, quindi forse non ci sarà bisogno di girarla dato che ci ha già pensato qualcun altro! Comunque tornerò a girare, solo non adesso.  
 
Alla fine di ogni intervista chiedo sempre qual era il poster che avevi in camera da ragazzino?
Jimi Hendrix, Marc Bolan dei T-Rex e ovviamente Bowie. Musica niente cinema. All'epoca nemmeno pensavo che avrei fatto l'attore. 



Dunque hai cominciato per caso? 
Totalmente, ho fatto un provino per un musical scolastico, mi sono offerto quasi per scherzo. Alla fine quella burla mi si è rivoltata contro: interpretavo Dracula di fronte a tutta la scuola, all'inizio me la facevo sotto, a poco a poco ho sentito che mi piaceva...
 
Chiudiamola così, chi sono i tuoi idoli in questo mestiere?
Ian Richardson, Richard Burton, Charles Laughton. Terence Stamp.
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