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Stonewall: riscoprendo lo stile degli omosessuali nella New York degli anni Sessanta

Arriva il nuovo film di Emmerich, ve lo raccontiamo attraverso le creazioni della Costume Designer Simonetta Mariano

07.05.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
Uscito nei cinema lo scorso 5 maggio, Stonewall è il film più personale di Roland Emmerich. Niente effetti speciali, niente distruzioni in scena, niente fine del mondo. E allo stesso tempo tutte queste cose, raccontate nella maniera più intima dal regista che ha fatto coming out diversi anni fa. Il film ricrea le rivolte del 1969 nel Greenwich Village (i "moti di Stonewall" accaduti attorno all'area che circondava il bar gay Stonewall Inn): sullo schermo assistiamo alle vicende di persone che hanno scritto la storia dei diritti civili, dando vita al movimento per l'uguaglianza contro ogni discriminazione di genere.



Stonewall ha da poco aperto il Torino Gay and Lesbian Film Festival: Film.it esplora l'ultimo lavoro di Emmerich parlando con Simonetta Mariano, Costume Designer di origine italiana che ha vestito tutti i personaggi sul set, creando i costumi di scena e soprattutto indagando fino in fondo su quel periodo: "Il rischio vero era quello di esagerare nel look - racconta - perché quelli erano altri anni, c'erano determinate leggi che limitavano il guardaroba pubblico di una persona. Quando ho mostrato le mie ricerche a Roland Emmerich, lui era molto sorpreso". 

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Anche perché parliamo di una New York che non esiste più, impossibile girarlo nei veri luoghi...
Assolutamente, non avremmo mai potuto. Ma non era l'intenzione del regista: Roland vuole sempre girare tutti i suoi film in studio, per avere il controllo totale su ogni cosa. La luce la controlla lui, ci sono stati giorni in cui abbiamo passato dodici/tredici ore sul set al buio! 


Quella New York non esiste più anche da un punto di vista legale: nel '69 infatti se andavi in giro vestito in un certo modo, ti arrestavano...
Quando pensiamo a una Drag Queen ci vengono subito in mente corpetti vistosi, piume e gioielli. All'epoca non era così. A New York c'era una legge secondo la quale ogni persona doveva indossare almeno tre capi di abbigliamento appartenenti al suo sesso. Quindi se volevi fare la Drag Queen per strada, dovevi comunque avere tre pezzi di abbigliamento maschile. Ecco perché questi personaggi andavano in giro vestiti in modo da cambiarsi velocemente per strada. E comunque non avevano nemmeno soldi per comprare corpetti, reggiseni o piume. Come se non bastasse la polizia non vedeva l'ora di caricarli o causare loro dei problemi. Alcuni di quei ragazzi non avevano nemmeno quindici anni. Stonewall racconta tutte le loro storie insieme, in quello che è stato a tutti gli effetti un periodo di sopravvivenza a New York. 
 
Ha concentrato le sue ricerche agli anni Sessanta. Quanto è cambiata in quegli anni la Grande Mela?
Tantissimo. Basta mettere a confronto una foto del 1960 e una del '67 per notare che lo stile è molto diverso. Si ha la chiara sensazione che ci fosse una rivoluzione in corso: non solo nel look ma nello stile di vita. Da una parte un periodo conservatore e religioso, dall'altra quello degli hippie che avanzavano a grande velocità. D'un tratto tutto era possibile. 

 
Sono curioso, nel suo lavoro è lei a trovare vestiti di scena e a crearli. Ma sarebbe uno sbaglio chiamare una costume designer "una stilista"...
Proprio così ed è la prima cosa che dico a un regista: "Non ne so niente di brand, non saprei nemmeno riconoscere Gucci da Prada, e nemmeno mi importa. Quello che mi interessa è creare il personaggio: guardarlo ed essere in grado di capire chi è e da dove viene. Il tutto dal modo in cui è vestito. Non è sempre facile.
 
Nella sua carriera ha lavorato a diversi film e show di fantascienza. Passare dalla fantascienza a un evento di cronaca che difficoltà ha comportato?
Di sicuro Stonewall è stato un regalo. Sia per come mi ha fatto esplorare un periodo che non conoscevo bene sia perché questi film a medio budget non esistono più. Oggi se sei un produttore che vuole investire dai trenta ai sessanta milioni di dollari ti conviene fare una serie TV: con quella cifra giri un prodotto da dieci/dodici ore e fai più soldi di quanti ne faresti con un film. E' cambiato tutto. Non c'è più il tempo che avevamo prima. Quando fai una serie TV giri dieci pagine di sceneggiatura al giorno, se fai un film non arrivi nemmeno a cinque pagine.

Stonewall è distribuito nei cinema da Adler Entertainment. Guarda il trailer del film.
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